ERNST TOLLER

(1893-1939)

 

di Paolo Casciola

 

 

 

 

Il testo che segue è stato originariamente pubblicato sotto il titolo “A mo’ di introduzione: Ernst Toller (1893-1939)” in Ernst Toller, Hinkemann il mutilato. Tragedia in tre atti scritta nella prigione di Nieder­schönenfeld nel 1921-22, «Quaderni Pietro Tresso», n. 42, luglio-agosto 2003, pp. 3-8. 

 

 

 

 

Una leggenda dura a morire attribuisce allo scrittore espressioni­sta tedesco Ernst Toller un’adesione alle idee anar­chiche.[1] In realtà, egli fu attratto in età gio­va­nile da un pacifismo antimilitarista e idealista privo di precise con­notazioni politiche, e militò successiva­mente per alcuni anni nelle file del “socialismo di sinistra” te­desco prima di ritornare ad un pacifismo vaga­mente classista, ma segnato da un pessimismo di fondo sempre più accentuato che, in de­finitiva, fu il motivo principale che lo condusse alla scelta di togliersi prematuramente la vita all’età di 46 anni.

Figlio di un ricco commerciante all’ingrosso ebreo, Ernst Toller nacque il 1° dicembre 1893 a Samot­schin (l’odierna Szamocin), presso Bromberg (Bydgoszcz), nell’allora provincia prussiana di Pozen (oggi Poznań, in Polonia). Dal 1900 al 1912 compì gli studi primari e se­condari, dapprima a Samotschin, poi presso il liceo scienti­fico di Bromberg, e incominciò a scrivere cronache locali per il giornale Ostdeut­sche Rundschau. Nel 1912 si tra­sferì in Fran­cia, a Grenoble, per svolgervi gli studi universitari di legge e di filosofia, ma due anni dopo, in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale, fu costretto a rien­trare in Germania, dove si ar­ruolò volontario in arti­glieria.

Nel marzo 1915 ottenne di essere inviato sul fronte francese, presso Pont-à-Mousson, e poi di esse­re tra­sfe­rito in un reparto di fanteria. Ma dopo tredici mesi di fronte, nel maggio 1916 fu ferito a Verdun e, in­de­bolito dalle privazioni della guerra, si ammalò di cuore e di nervi e fu ricoverato in un sanatorio di Strasburgo. Dichiarato ina­bile e congedato nel gennaio 1917, si lanciò subito nella denuncia della guerra e si mise in contatto con persona­lità e gruppi pa­cifisti. Seguì a Monaco di Baviera lezioni di dirit­to, storia dell’arte e lette­ratura, e conobbe tra gli altri Thomas Mann, Rainer Maria Rilke e Gustav Lan­dauer. Toller trascorse l’estate 1917 nel castello di Lauen­stein, ospite dell’editore Diederich: qui rimane deluso dell’astrattezza degli intel­lettuali tedeschi e trovò dei punti di contatto soltanto con Richard Deh­mel e Max Weber, del quale seguì di lì a poco le lezioni di sociologia presso l’Università di Heidelberg, dove studiò principalmente l’economia.

A Heidelberg fondò, con altri studenti, il Kulturpolitischer Bund der Jugend in Deutsch­land (Associa­zione poli­tico-culturale della gioventù tedesca), che si proclamava “per la solu­zione pacifica dei contrasti tra i po­poli e per l’eliminazione della povertà”; e in quanto diri­gente di tale organizzazione indirizzò un appello a tutte le università tedesche per protestare contro il militarismo. Nello stesso periodo incomin­ciò a scrivere Die Wandlung, che sa­rebbe stato pubblicato nel 1920 nella collana “Der dramatische Wille” dell’editore Gu­stav Kiepen­heuer di Pot­sdam. Ricevette una lettera di Landauer, il cui libro Aufruf zum Sozialismus aveva avuto su Toller un’influenza da lui stesso definita “decisiva”. Il Bund degli stu­denti venne sciolto, e molti dei suoi membri furono chiamati alle armi: Toller si recò allora a Berlino, al Reichstag, per informarne i deputati so­cialdemocratici, e conobbe Kurt Ei­sner, che era il prin­cipale esponente a Monaco dell’Unabhängige Sozial­demokratische Partei Deut­schlands (USPD, Partito socia­lista indipendente di Germania). Nel 1918 Toller seguì Eisner a Monaco e aderì all’USPD.

Le radici dell’USPD affondavano nell’opposizione di venti parlamentari del Partito social­democratico (SPD) che, il 21 dicembre 1915, avevano votato contro la concessione di ulterio­ri crediti per finanziare la partecipazione dell’impero tedesco alla prima guerra mondiale. Quest’ala pacifista di sinistra, capeg­giata da Hugo Haase, venne espulsa dal gruppo parla­mentare del SPD il 24 marzo 1916. Per poter continuare la propria attività parlamentare, gli oppositori formarono allora la Sozialdemokratische Ar­beitsgemeinschaft (SAG, Comunità di lavoro socialde­mocratica), che fu successivamente espulsa dalle file del SPD il 18 gen­naio 1917. L’USPD − che annoverava an­che l’ormai sessantatreenne Karl Kautsky tra i suoi diri­genti di maggiore spicco − venne infine fondato tre mesi dopo, in aprile, in occasione di una conferenza tenutasi a Gotha, e Haase fu eletto presidente del nuovo partito. All’USPD aderì poi anche lo Spartakusbund di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, che mantenne comunque una relativa auto­nomia. Nel periodo successivo al grande sciopero contro la guerra del gen­naio 1918, l’USPD poteva contare su 120.000 iscritti.

Dopo che la disfatta militare della Germania nella prima guerra mondiale ebbe incomin­ciato a profi­larsi in tutta la sua inevitabile con­cretezza, soprattutto a partire dall’agosto 1918, l’ammutinamento dei marinai tede­schi a Kiel (3 novembre 1918) innescò un poderoso movi­mento rivoluzionario. Il 7 no­vem­bre si costituì a Monaco un Consi­glio Nazionale provvisorio della Baviera SPD-USPD sotto la presiden­za di Eisner. In quello stesso mese Toller, conge­dato dalla caserma, fu chiamato nella capitale bavare­se dallo stesso Eisner e venne eletto membro della presidenza del Zentralrat der Arbeiter-, Bauern- und Soldatenräte Bayerns (Con­siglio centrale dei soviet degli operai, dei contadini e dei soldati di Baviera). Intanto il 9 novembre, a Berlino, erano stati formati i so­viet degli operai e dei soldati e una delegazione socialde­mocratica si era recata a chiedere al Cancelliere del Reich la resa del governo ai lavo­ratori in armi. L’approfondirsi di questa dinamica rivolu­zionaria portò al collasso definitivo dell’impero, e Paul von Hindenburg, all’epoca Capo di Stato mag­giore dell’esercito, e il Kai­ser fuggirono in Olanda.

Pur criticando duramente il SPD per essere entrato a far parte del governo della repubblica tedesca nata dal crollo dell’impero, l’USPD raggiunse un accordo con lo stesso SPD proprio in concomitanza con la “rivo­luzione di novembre” ed entrò a far parte del governo provviso­rio di coalizione SPD-USPD denominato Rat der Volks­beauftragen (Consiglio dei delegati del popolo), costituito il 10 novembre 1918 e capeggiato da Friedrich Ebert. Ma tale blocco fu di breve durata, visto che il 29 dicembre i ministri dell’USPD − Haase, Wil­helm Dittmann ed Emil Barth − abbandonarono il governo per protestare contro l’atteggiamento adottato dal SPD rispetto all’ammutinamento dei soldati del 23 novembre a Berlino. In quegli stessi giorni lo Spartakus­bund si staccò dall’USPD, del quale criticava le posizioni centriste e ir­resolute, per costituire insieme ad altre formazioni di estrema sinistra il Partito comunista tedesco (KPD). Agli inizi di gennaio del 1919 la destituzio­ne del questore di Berlino Emil Eichhorn, che era membro dell’USPD, provocò un movimento di carattere insurrezionale. E fu anche grazie alla prece­dente rottura con l’USPD che il SPD si ritrovò le mani libere per procedere allo strangolamento dei “moti spartachisti” − che furono in realtà, in larga misura, un’iniziativa spontanea delle masse inizialmente contrastata e successivamente sostenuta sia dall’USPD che dal KPD − e al ripristino dell’ordine bor­ghese attra­verso il terrore bianco dei Freikorps, le cui vittime più illustri furono, il 15 gennaio 1919, la Luxemburg e Lieb­knecht.

Nel dicembre 1918 Toller aveva preso parte al congresso dei Consigli tenutosi a Berlino, e nel gen­naio 1919 partecipò attivamente alle assemblee popolari e durante lo sciopero degli operai delle fabbri­che di mu­nizioni di­stribuì dei volantini contro la guerra contenenti scene della Wandlung. Arrestato e detenuto nel vec­chio carcere militare della Leonrodstrasse di Monaco, vi studiò tra l’altro le opere di Karl Marx, Friedich Engels, Ferdinand Lassal­le, Mi­chail Bakunin, Franz Mehring e Rosa Lu­xemburg, e scoprì i nessi esistenti tra il si­stema ca­pitalista e la guerra imperia­lista. Completata la Wandlung in prigione, venne poi scarcerato per mo­tivi di salute e in­viato nel batta­glione di riservisti di stanza a Neu-Ulm. In questo pe­riodo fece visita a Lan­dauer. Su richiesta di sua madre, che non riusciva a capire come il pro­prio figlio avesse potuto partecipare allo sciopero e che cer­ca­va di difenderlo dall’accusa di alto tradi­mento, fu trasferito in una clinica psichiatri­ca, dove venne di­chiarato “isterico”. Il tribunale, comunque, decise di chiudere il procedimento giudiziario a suo carico.

Nel periodo successivo la repressione si abbatté, come vedremo tra breve, anche sullo stesso Tol­ler, la cui fotografia campeggiò su un avviso di cattura con tanto di taglia (qui ri­prodotto a pag. 9). La cu­ratrice dell’edizione italiana (non integrale) delle tolleriane Briefe aus dem Gefängnis ha ben messo in evidenza come durante questo periodo rivoluzionario Toller non avesse esitato a rivolgere le proprie cri­tiche politiche tanto all’“estremismo” dei comuni­sti tedeschi − e in special modo di quelli ba­varesi, ca­peggiati da Eugen Le­viné − quanto, e so­prattutto, alla politica apertamente e attivamente con­trorivolu­zionaria seguita dai vertici del SPD:

        

Già nel dicembre 1918, quindi prima della repressione dell’insurrezione spartachista (…), Toller, membro del Consiglio degli operai di Monaco, aveva denunciato nel Nationalrat [Consiglio Nazionale] l’iniziativa socialde­mocratica di costruire, in­sieme alle forze reazionarie borghesi (…), una “milizia civica” “per proteggere la vita e la proprietà” e per prevenire un putsch “di sinistra o di destra”, (…) in realtà in funzione controrivoluzionaria.

Individuando nella rivoluzione tedesca il carattere di scontro tra capitalismo e socialismo, Toller aveva preso posizione contro un’alleanza tra proletariato  e borghesia reazionaria,  e aveva sollecitato la costituzione di un “fronte unitario del socia-

lismo e della repubblica”.

Quella sollecitata da Toller è quindi un’unità costruita attorno a un programma socialista, che lasci fuori i rappresentanti della borghesia reazionaria e che isoli, smascherandone il ruolo controrivoluzionario per eliminar­ne l’influenza su grandi masse popolari, i dirigenti di “destra” della socialdemocrazia, combattuti costantemente anche dopo la sconfitta della rivolu­zione (…).[2]

                  

Agli inizi di feb­braio del 1919 Toller si recò con Eisner a Berna per assistere ad una confe­renza della Se­conda Interna­zionale, e dopo l’assassinio di Eisner, avvenuto il 21 febbraio 1919 per mano del conte Anton Graf von Arco auf Valley, la rea­zione popolare portò alla proclamazione a Monaco, il 7 aprile, della prima Re­pubblica dei consigli bavarese − alla quale parteciparono anche gli anarchici Landauer e Mühsam e del cui Consiglio centrale Tol­ler fu nominato presidente − in contrapposizione al governo borghese “ufficiale” della Bavie­ra insediatosi a Bamberg e capeggiato dal socialdemocratico Johannes Hoffmann, che il 13 aprile scatenò un poderoso attacco militare contro Monaco. Seppur fallito, l’attacco determinò la caduta del regime consiliarista e la proclamazione, sempre il 13 aprile, di una seconda Re­pubblica dei consigli, egemonizzata questa volta dal KPD: del suo Consiglio Esecutivo face­vano infatti parte, oltre a Toller, i comunisti Leviné (che ne venne eletto presidente, e che fu successivamente vitti­ma del terrore bianco, il 5 giugno 1919), Max Levien (che, rifugiatosi in Unione Sovietica nel 1921, sa­rebbe poi stato vittima delle “grandi purghe” stalinia­ne nel 1937) e l’emissario di Mosca Tobias Akselrod (anch’egli liquidato dallo stalinismo nel 1938).

A Toller fu affidato il comando dell’Armata Rossa bavarese, il cui obiettivo immediato era quello di ri­con­quista­re Dachau − come poi effettivamente avvenne il 16 aprile 1919 − strap­pandola alle truppe di Hoffmann, per poter meglio difendere Monaco dagli attacchi di queste ultime. Ma Toller entrò più volte in conflitto con le scelte militari e politiche dei dirigenti co­munisti bavaresi, e il 26 aprile 1919 arrivò a dare le dimissioni da comandante del gruppo di armate di Dachau.[3] il 1° maggio 1919 segnò la disfatta militare della Repubblica dei consigli e i reparti controrivoluzionari occuparono Monaco, scatenando il terrore bianco: Landauer fu assassinato il 2 maggio,  il comandante delle Guardie rosse Rudolf Engelhofer venne fucilato senza processo il 3 giugno,  lo stesso Leviné cadde vittima delle forze reazionarie il 5 giu­gno… Toller fu invece uno dei po­chi dirigenti della Bavie­ra rossa che riuscirono a salvare la pelle ma, dopo aver eluso per alcune setti­mane la polizia che gli dava la caccia, il 4 giugno venne arrestato e rinchiuso nel carcere di Stadelheim, dove il ter­rore controrivoluzionario re­gnava sovrano, e per di più nella stessa cella in cui Leviné aveva trascorso le sue ultime ore prima di es­sere condotto alla fuci­lazione. Nel suo volume autobiografico, Toller si sofferma a più riprese su questo clima di terrore, mostruosamente tangibile sin dall’esterno delle mura della prigione:

                 

Ci fermiamo davanti alla porta del carcere. Una scritta di gesso bianco (…) spicca sinistra sul muro: “Qui si fanno san­guinacci e salsicce col sangue degli spartachisti, qui si spediscono gratis i rossi nell’aldilà.”

La soldatesca ci accoglie con selvagge grida di giubilo e imprecazioni (…)

Le ombre dei compagni caduti mi vengono incontro; vedo il muro press cui sono state fucilate trentasei per­sone: è co­stellato da innumerevoli buchi di pallottole, ancora vi aderiscono brandelli di carne disseccata, pezzi di materia cerebrale, capelli; pozze di sangue prosciugate coprono il terreno circostante. Conto i buchi delle pallot­tole sul muro; il secondino mi spiega perché sono tanto bassi. I soldati del Württemberg − mi dice −, ubriachi, miravano al ventre e alle ginocchia: − Non devi crepare subito, cane di spartachista, − dicevano, − prima ti fac­ciamo un buchetto nella pancia.

Mi fermo davanti al muro. Rabbrividisco.

Qui è stato ucciso il ragazzo che aveva portato munizioni a una guardia rossa.

Qui è morta la donna che, per preservare l’uomo amato, si era nascosta in seno la bomba a mano ch’egli por­tava.

Qui è stramazzato Leviné gridando: “Viva la rivoluzione mondiale!”

Una porticina ci separa dal carcere femminile, dove è stato massacrato Gustav Landauer.[4]

 

Il 14 luglio 1919 si aprì il processo a suo carico, e il giorno dopo Haase pronunciò un di­scorso nel quale so­stenne che l’accusa di alto tradimento rivolta a Toller era priva di fonda­mento nella misura in cui tra il novembre 1918 e il luglio 1919 la struttura governativa era in uno stato di “permanente rivolgimento”; in altre parole, non esisteva in realtà un governo vero e proprio contro il quale Toller potesse commettere il reato imputatogli; e del resto, dopo ce il Landtag bavarese ebbe abbandonato Monaco dopo l’assassinio di Eisner, il governo della re­pubblica dei consigli di cui Toller faceva parte era di fatto il governo legale della Baviera.[5] A conclusione del proces­so, il 16 lu­glio una corte marziale riconobbe gli “onorevoli motivi” che lo avevano guidato e lo condannò a cinque anni di lavori forzati per alto tra­dimento nono­stante il fatto che il pubblico accusatore avesse chiesto per lui la condanna a morte: lo stesso Toller avrebbe in se­guito ricor­dato che questa consi­derevole “riduzione della pena” fu dovuta all’appassionata eloquenza del proprio discorso di autodifesa.

Dal luglio 1919 al luglio 1924 Toller fu detenuto nella prigione di Niederschönenfeld, dove scontò la pena nella sua interezza rifiu­tando le offerte di amnistia − dettate dal successo dei suoi lavori teatrali −, visto che la sua scarcerazione non avrebbe comportato an­che quella de­gli altri compagni condannati per i suoi stessi motivi. Du­rante la pri­gionia ebbe rapporti epi­stolari con intellettuali pacifisti e socialisti, tra cui Romain Rol­land, Henri Bar­busse, Kurt Tu­cholsky e Stefan Zweig. E scrisse drammi e poesie, esito della sua riflessione sulle cause della sconfitta della ri­voluzione e sul ruolo da lui giocato negli av­venimenti di Monaco, ma anche sugli ulteriori sviluppi politici della Repubblica di Weimar. Sugli aspetti precipua­mente poli­tici di tale riflessio­ne vale la pena di sof­fer­marsi, dal momento che egli non si limitò a denun­ciare l’alleanza “tattica” tra la so­cialdemocrazia e le forze rea­zionarie, che era riuscita a soffo­care la ri­voluzione di cui lo stesso Toller era stato uno dei protagonisti, ma arrivò a prevedere per la Ger­ma­nia un’ulteriore, futura involuzione dittatoriale, vera e propria prefigu­razione del regime nazista: “La ca­tastrofe appa­re inarrestabile”, aveva scritto nel 1921. Come è stato giu­stamente notato:

                  

(…) Questa frase però, se da una parte mostra la piena consapevolezza della gravità della crisi, del potere delle forze economiche e politiche reazionarie, dell’inadeguatezza di una resistenza operaia demoralizzata dalle ripetute sconfitte e di­visa al suo interno, dall’altra denota una sorta di fatalismo, di disperazione di fronte a una tendenza che invece (…) era “resi­stibile”. Emerge qui quel “pessimismo” spesso rimproverato a Toller (…), in parte a ragion veduta e in parte a torto.

L’isolamento del carcere (…) non significa per Toller astrazione dal mondo sterno ma anzi un’estrema atten­zione agli avvenimenti politici della Repubblica di Weimar. Ma proprio il cercare di cogliere le linee di tendenza generali di tali avveni­menti lo porta ad evidenziare alcuni elementi negativi che gli appaiono costanti e fonda­mentali (come poi storicamente dimo­strato), e a dubitare, anche a causa del senso di impotenza derivante dall’impossibilità di intervenire personalmente nella lotta politica, della capacità del movimento operaio di reagi­re a queste tendenze, anche perché era cosciente del fatto che la sinistra stava compiendo degli errori di fronte alla strategia della destra.[6]

 

Durante la prigionia di Toller, il 30 settembre 1919 Die Wandlung venne messa in scena per la prima volta alla Tri­büne di Berlino. E all’ottobre 1919  risale anche la prima stesura di un’altra sua opera tea­trale, Masse-Mensch, che fu rappresentata per la prima volta il 15 novem­bre 1920 allo Stadttheater di Norimber­ga. Ma il dramma venne vietato dal nuovo go­verno bavarese reazionario di Gustav Ritter von Kahr per “in­citamento all’odio di classe”. Nell’inverno 1920-21 Toller scrisse Ma­schinenstür­mer, e il 29 settembre 1921 Masse-Mensch, che era stata messa all’indice in Baviera, riscosse un enorme succes­so alla Volks­bühne di Berlino. Sempre nel 1921, Toller pubblicò nella collana di opuscoli “Der jüngste Tag” dell’editore Kurt Wolff di Lipsia Ge­dichte der Gefangenen. Ein Sonettenkranz, che aveva iniziato a comporre nel 1918, nel carcere della Leonrodstrasse. Tra il 1921 e il 1922 scrisse Die Hinkemanns, che nella seconda stesura muterà il ti­tolo in Deutscher Hinkemann (1923), per poi adotta­re il definitivo Hin­kemann (1924) al momento della terza stesura, onde evitare in­ter­pretazioni errate da parte della critica. Ecco quanto lo stesso Toller ebbe a dire a proposito del signi­ficato più profondo di questo dramma in una lettera inviata dalla sua cella a S. Zweig il 13 giugno 1923:

                  

(…) Ho scritto quest’opera in un periodo in cui, dolorosamente, ho riconosciuto il tragico limite di tutte le pos­sibilità di feli­cità della rivoluzione sociale. Il limite al di là del quale la natura è più potente della volontà umana del singolo e della società. Per questo la tragedia non cesserà mai. Anche il comunismo ha la sua trage­dia. Ci sa­ranno sempre individui il cui dolore è insolubile. E se c’è anche un solo individuo il cui dolore non può mai cessa­re, la tragicità di quell’unico individuo è allo stesso tempo la tragicità della società in cui vive. Il mondo antico co­nosceva l’eroe prometeico, che credeva di poter vincere il desti­no ed eliminare ogni dolore; nel nostro tempo all’eroe singolo si è sostituita un’intera classe. Non lo dico per rassegnazione. Solo il debole si rassegna, veden­do che non è in grado di dare perfetta realizzazione al sogno agognato. Al forte l’acquistare coscienza non toglie nulla della sua volontà appassionata. Oggi non abbiamo bisogno di quegli uomini che, nella loro grande passio­ne, sono ciechi, abbiamo bisogno di quelli che vogliono − benché sappiano.

Il bene assoluto, il “paradiso in terra” non lo creerà nessun sistema sociale, si tratta unicamente di lottare per il meglio relativo che l’uomo può trovare e realizzare. Un sistema che si basa sull’ingiustizia sociale, la disugua­glianza e la mancanza di libertà non può reggere davanti alla ragione.

A un effetto teatrale dell’opera non rinuncio. Io credo che proprio attraverso la mescolanza di ridicolo e tra­gico arrivi all’ascoltatore l’idea dell’antinomia di ciò che accade nella vita.[7]

                  

 Il 30 giugno 1922 venne rappresentata la prima di Maschinenstürmer al Grosses Schau­spielhaus di Berli­no. Il 6 agosto furono messi in scena a Lipsia i Bilder aus der grossen fran­zösi­schen Revolution in occasione della fe­sta annuale dei sindacati. Nel corso del 1923 Toller scrisse lo Schwalbenbuch, che fu subito seque­strato per il suo “contenuto agitatorio”. Il 19 settembre 1923 il suo Deut­scher Hinkemann (seconda stesura) venne rappre­sentato per la prima volta all’Altes Theater di Lipsia. E ancora nel 1923 Toller scrisse la com­media Die entfes­selte Wotan. L’11 aprile dell’anno seguente l’Hinkemann (terza stesura) fu messo in scena al Residenztheater di Berlino. Come per altre opere di Toller, le rappresentazioni di Hinkemann (ad esempio quella di Dresda del 17 gennaio 1924) furono accompagnate da di­sordini provocati da squadracce naziste organizzate. E sempre nel 1924 Toller pubblicò, tra l’altro, la raccolta Vormorgen, che comprendeva i Verse vom Friedhof (1912-18) e i Lie­der der Gefangen.

Il 15 luglio 1924, scontata la pena, egli fu espulso dalla Baviera, e il mese seguente fu ospite d’onore dell’Arbeiter-Kulturwoche di Lipsia. Toller, che negli anni del carcere non si era schierato né con la sini­stra dell’USPD che il 4 dicembre 1920 aveva aderito al KPD, né con l’ala destra che il 24 settembre 1922 aveva deci­so di rientrare nelle file del SPD, rinunciò allora a qualsiasi attività di partito: “Mi considero senza partito”, aveva scritto il 4 maggio 1924 a Paul Z.[8] E anche negli anni successivi si mantenne su queste posizioni apar­titi­che. Ciò nonostante, alcuni storici gli hanno erroneamente attribuito una militanza nel movimento co­munista: la breve scheda biografica che compare in un celebre lavoro di Pierre Broué parla, ad esempio, di una sua vera e propria adesione al KPD dopo la scarcerazione.[9] Ma una simile ade­sione, già ascrittagli, tra gli altri, dal New York Times del 1° febbraio 1937, era stata pron­tamente smentita dallo stesso Toller, che l’aveva apertamente negata sottoli­neando che l’USPD era l’unico partito del quale fosse stato membro.[10]

Durante i cinque anni di detenzione a Niederschönenfeld egli aveva insomma scelto di dar una con­tinuità al suo impegno politico come Parteiloser (senza-partito) e, soprattutto, come letterato. Prima, du­rante e dopo quei cinque anni aveva collaborato ad alcune delle testate più rappresentative della cultura di sinistra della Re­pubblica di Weimar: Die Aktion di Franz Pfemfert, Die Weissen Blätter, Menschen, Das Tribunal, Der Weg, Die Bücher­kiste, Die Er­hebung e l’almanacco an­nuale Unser Weg. La sua fama di poeta e dram­maturgo non aveva mai smesso di crescere, ma agli esiti grandemente positivi delle prime opere teatrali non fece seguito un uguale suc­cesso della sua produzione letteraria successiva. Come ha scritto uno storico del periodo weimariano:

                  

(…) Ernst Toller scrisse alcune delle sue cose migliori mentre era in carcere, dove l’avevano chiuso per la parte che aveva avuto nell’insurrezione di Monaco, nel 1919. Era molto amato e molto ammirato; combattente della giustizia e cre­dente nell’umanità, riversava nei suoi drammi la pienezza dell’entusiasmo giovanile che lo animava, ma la sua fama fu effi­mera. Il buon esito del primo lavoro teatrale, Die Wandlung, lo dovette a un regi­sta e a un interprete geniali ([Karl Heinz] Martin e [Fritz] Kortner). Quelli che produsse in seguito sui luddisti (Die Maschinenstürmer) e su un invalido di guerra dall’esistenza distrutta (Hinkemann) dettero la prova che il giudizio dei critici, i quali lo avevano proclamato il più grande ge­nio drammatico degli anni Venti, era stato troppo precipi­toso. “Pathos provinciale”, dicevano adesso, “cliché giornalistico”, “naturalismo di bassa lega”, e facevano con­fronti sfavorevoli con le opere giovanili di [Gerhart] Hauptmann. Toller trovò un potente alleato in Alfred Kerr, il critico principe di quegli anni, che lo collocava molto al di sopra di [Bertolt] Brecht. Ma il pub­blico lo considerava un fallimento molto prima che i nazisti salissero al potere (…).[11]

 

Nel marzo 1925 Toller intraprese un viaggio di otto nel Vicino Oriente e in Palestina, ma la sua ma­lattia lo co­strinse a rientrare con grande anticipo in Germania. Nel corso del 1925 Toller si stabilì a Ber­lino, dove collaborò alla Weltbühne; l’8 novembre pronunciò di fronte agli operai berlinesi il suo celebre discorso sulla Deutsche Revolution e, ancora nel 1925, pubblicò la commedia Die Rache des ver­höhnten Lieb­habers. Tra il marzo e il maggio 1926, su invito di Anatolij Lunačarskij, effettuò un viaggio nell’Unione Sovietica, dove i suoi drammi veni­vano rappresentati con successo. Conobbe il grande re­gista teatrale tedesco Er­win Pisca­tor, prendendo posizio­ne a favore di un teatro politico, e fino al 1933 legò le proprie attività teatrali alla lotta con­tro il militarismo e il fa­scismo e contro la repressione borghe­se in generale, esprimendo i propri punti di vista in numerose conferenze pubbliche. In quello stesso pe­riodo Toller aderì al Gruppe Revo­lutionärer Pazi­fisten (Gruppo dei pacifisti rivolu­zionari), che era nato nel 1925 in seguito ad una scissio­ne di sinistra del movimento pacifista borghese e che ri­fiutava il paci­fismo assoluto e considerava inve­ce la lotta di classe come strumento neces­sario per la creazione di una nuova società che garantisse la pace.

Nel 1927 pubblicò Justiz. Erlebnisse, e agli inizi di settembre di quell’anno il suo Hoppla, wir leben! venne messo in scena per la prima volta al Kammerspiele di Amburgo e, per la re­gia di Pi­scator, alla Pisca­torbühne am Nollendorfplatz di Berlino. L’anno seguente Toller ini­ziò la ste­sura del dramma stori­co Feuer aus des Kesseln. Tra il settembre e il dicembre 1929 effettuò un viaggio negli Stati Uniti, dove tenne varie conferenze, e una visita più breve in Messico; e nella primavera del  1932 visitò la Spagna, conti­nuando du­rante tutti questi anni a consa­crarsi all’attività letteraria e a colti­vare l’impegno politico, soprat­tutto in opposi­zione al nazi­smo montante. Alla fine di febbraio del 1933 Toller si recò in Svizzera e, in seguito alla vittoria di Hitler, non rientrò più in Germania. Le sue opere fu­rono proibite dai nazisti e date alle fiamme nei roghi di libri del maggio 1933.

Toller intervenne al congresso del PEN Club tenutosi a Dubrovnik il 27-30 maggio 1933 e, in agosto, il suo nome venne incluso dal regime nazista nel primo elenco di persone che do­vevano essere private della naziona­lità tedesca. Alla fine di quell’anno pubblicò ad Amster­dam il volume autobiografico Eine Jugend in Deutschland. Nel luglio 1934 Toller compì un altro viaggio nell’URSS staliniana. In occasione del I Congres­so dell’Unione degli scrittori sovietici svoltosi a Lenin­grado dal 17 agosto al 1° settembre − congresso che sancì l’obbligo per gli arti­sti, come sottolineò con vigore Andrei Ždanov, di piegarsi ai dettami del “realismo socialista” − conobbe tra gli al­tri Maksim Gorkij. Gli scrittori tedeschi presenti (Theodor Plievier, Gustav Re­gler, ecc.) gli rimproverarono il suo “sentimentalismo pic­colo-borghese”. Del resto Toller non si piegò mai all’umiliante servilismo di certi intellettuali “compagni di strada” del comunismo stalinista. Mirko Kus-Nikolajev, che a Toller fu legato da una plurien­nale amicizia, sottolineò dopo la sua tragica scomparsa che il socialismo di Toller non era grettamente “materialistico”, ma che egli credeva piuttosto nell’imperativo morale della rivo­luzione, e che sarebbe stato addirittura un ammi­ratore della “grandezza morale” di Trotsky.[12]

Nel marzo 1935 Toller sposò a Londra Cristiane Grautoff e, sempre nel corso di quell’anno, si stabilì in Fran­cia dove prese parte, a Parigi, al Congresso Internazionale degli scrittori per la difesa della cultu­ra, e fece pub­blicare ad Amsterdam le già ricordate Briefe aus dem Gefängnis. A partire dall’ottobre dell’anno se­guente effettuò un giro di conferenze negli Stati Uniti e in Canada, dove scrisse la comme­dia No More Pea­ce. Stabilitosi in Cali­fornia nella primavera del 1937, continuò a dare conferenze − che spesso venivano vietate a causa del carattere particolarmente radicale delle posizioni non soltanto anti­naziste, ma anche più generalmente anticapitaliste, che Toller vi esprimeva − e lavorò tra l’altro per l’industria ci­nematografica di Hol­lywood, e segnatamente per la Me­tro-Goldwyn-Mayer, anche se nessu­no dei suoi soggetti cinematografi­ci venne effettivamente utilizzato. Dagli Stati Uniti si recò poi in Spa­gna dal lu­glio al settembre 1938, durante la guerra civile, dove prese parte a Madrid al Congresso In­ternazionale degli scrittori per la difesa della pace. Rientrato negli Stati Uniti, negli ultimi mesi del 1938 si fece pro­motore di una raccolta di cibo e di fondi per la Spagna repubblicana. Ma nel 1939 l’ingente somma rac­colta per la Spagna repubblicana finì nelle mani dei franchisti, che alla fine di marzo erano entrati a Madrid dopo aver conquistato Bar­cellona in gen­naio.

Demoralizzato anche a causa di questi avvenimenti e dell’espandersi incontrastato della Germania nazi­sta, oltre che da una sempre più accentuata ipocondria e dal progressivo peg­gioramento dei suoi rapporti con la gio­vane attrice che aveva sposato negli Stati Uniti, Toller finì per impiccarsi il 22 maggio 1939 in una camera d’albergo nei pressi del Central Park di New York. Dall’ultima opera a cui aveva lavorato, il dramma Pastor Hall, sarebbe stato tratto un film nel 1940. Secondo il fi­glio primogenito di Thomas Mann, Klaus, Toller “non lasciò neppure una lettera d’addio per spiegare le ragioni del suo gesto”. Il suo fu un atto disperato, fatto della stessa disperazione che in quegli anni tragici accomunò tanti esuli tedeschi oppo­sitori del nazismo: dal nipote dello Tol­ler, che si uccise diciottenne e al quale lo scrittore de­dicò Eine Jugend in Deutschland, fino a figure di maggiore spicco come Stefan Zweig − che si suicidò con la mo­glie a Petropolis, in Brasile, nel febbraio 1942 − e Klaus Mann, che mise fine ai suoi giorni nell’aprile 1949 a Cannes. Come ha osservato Enrico Castella­ni:

 

(…) Toller non fu certamente un chiaroveggente ideologo, né un sagace uomo politico, e nemmeno si può dire un grande artista, benché rappresenti senza dubbio una delle figure centrali del movimento espressionista (…). Ma egli fu certo un uomo di fede, un uomo che per la sua fede soffrì e non avrebbe esitato a versare il pro­prio sangue. È questo che ce lo rende caro e ci aiuta a capire e a superare le evidenti debolezze e stanchezze della sua arte.[13]

                       

Firenze, agosto 2003                                                                                   Paolo Casciola

 

 



[1] Si vedano ad esempio Denis Authier-Jean Barrot, La sinistra comunista in Germania, La Salamandra, Milano 1981, p. 60; e Serge Cosseron, voce “Ernst Toller”, in Jacques Droz (sotto la direzione di), Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier inter­national. L’Allemagne, Les Éditions Ouvrières, Paris 1990 p. 475;  in tempi più recenti l’errore è stato riproposto dai curatori del vo­lume di Paul Frölich e altri, Rivoluzione e contro­rivoluzione in Gemania 1918-1920, Pantarei, Milano 2001, p. 446.

[2] Viviana Finzi Vita, “Toller e la rivoluzione tedesca”, in E. Toller, Lettere dal carcere, Bulzoni, Roma 1980, pp. 13-14. 

[3] Su questa sempre più accentuata opposizione di Toller rispetto ai comunisti si veda ad esempio Allan Mit­chell, Revolution in Bavaria 1918-1919. The Eisner Regime and the Soviet Republic, Princeton University Press, Princeton 1965. Richard Grunberger, Red Rising in Bavaria, Arthur Baker Ltd, London 1973, p. 117, ha riferito che, alcuni giorni dopo i combattimenti della domenica delle Palme, Toller si era recato ad una riunione dell’Esecutivo comunista della repubblica bavarese per sfidare apertamente la sua legittimità e, alla fine di un violento alterco, Levien aveva addirittura ordinato il suo arresto.

[4] Ernst Toller, Una giovinezza in Germania, Einaudi, Torino 1972, pp. 190, 193.

[5] Si veda H. Haase, “Rede vor der Münchener Standgericht, gehalten am 15. Juli, 1919“, in Stefan Gros­smann, Der Hochverräter Ernst Toller. Die Geschichte eines Prozesses, Ernst Rowohlt, Berlin 1919, pp. 30-36.

[6] V. Finzi Vita, op. cit., p. 9.

[7] E. Toller, Lettere dal carcere, cit., pp. 91-92.

[8] E. Toller, Briefe aus dem Gefängnis, Querido Verlag, Amsterdam 1935, p. 260.

[9] Pierre Broué, Rivoluzione in Germania 1917-1923, Einaudi, Torino 1977, p. 829; più di recente, l’errore è stato ripreso tra l’altro dai curatori del volume di Victor Serge, Germania 1923. La mancata rivoluzione, Gra­phos, Genova 2003, p. 549.

[10] “Ernst Toller’s Politics. German Writer Says He Was Never Member of Communist Party”, New York Ti­mes, 4 febbraio 1937.

[11] Walter Laqueur, La Repubblica di Weimar, Rizzoli, Milano 1977, pp. 180-181.

[12] Mirko Kus-Nikolajev, “Sječanja Ernesta Tollera”, Jutarnij List, n. 11, Zagreb, 2 giugno 1939, pp. 2-3.

[13] Enrico Castellani, “Nota introduttiva” a E. Toller, Oplà, noi viviamo!, Einaudi, Torino 1968, p. 6.