ERNST TOLLER
(1893-1939)
di Paolo Casciola
Il testo che segue è stato
originariamente pubblicato sotto il titolo “A mo’ di introduzione: Ernst Toller
(1893-1939)” in Ernst Toller, Hinkemann il mutilato. Tragedia in tre atti
scritta nella prigione di Niederschönenfeld nel 1921-22, «Quaderni Pietro
Tresso», n. 42, luglio-agosto 2003, pp. 3-8.
Una leggenda
dura a morire attribuisce allo scrittore espressionista tedesco Ernst Toller
un’adesione alle idee anarchiche.[1]
In realtà, egli fu attratto in età giovanile da un pacifismo antimilitarista
e idealista privo di precise connotazioni politiche, e militò successivamente
per alcuni anni nelle file del “socialismo di sinistra” tedesco prima di
ritornare ad un pacifismo vagamente classista, ma segnato da un pessimismo di
fondo sempre più accentuato che, in definitiva, fu il motivo principale che lo
condusse alla scelta di togliersi prematuramente la vita all’età di 46 anni.
Figlio di un ricco commerciante all’ingrosso ebreo, Ernst Toller nacque il 1° dicembre 1893 a Samotschin (l’odierna Szamocin), presso Bromberg (Bydgoszcz), nell’allora provincia prussiana di Pozen (oggi Poznań, in Polonia). Dal 1900 al 1912 compì gli studi primari e secondari, dapprima a Samotschin, poi presso il liceo scientifico di Bromberg, e incominciò a scrivere cronache locali per il giornale Ostdeutsche Rundschau. Nel 1912 si trasferì in Francia, a Grenoble, per svolgervi gli studi universitari di legge e di filosofia, ma due anni dopo, in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale, fu costretto a rientrare in Germania, dove si arruolò volontario in artiglieria.
Nel marzo 1915 ottenne di essere inviato sul fronte francese, presso Pont-à-Mousson, e poi di essere trasferito in un reparto di fanteria. Ma dopo tredici mesi di fronte, nel maggio 1916 fu ferito a Verdun e, indebolito dalle privazioni della guerra, si ammalò di cuore e di nervi e fu ricoverato in un sanatorio di Strasburgo. Dichiarato inabile e congedato nel gennaio 1917, si lanciò subito nella denuncia della guerra e si mise in contatto con personalità e gruppi pacifisti. Seguì a Monaco di Baviera lezioni di diritto, storia dell’arte e letteratura, e conobbe tra gli altri Thomas Mann, Rainer Maria Rilke e Gustav Landauer. Toller trascorse l’estate 1917 nel castello di Lauenstein, ospite dell’editore Diederich: qui rimane deluso dell’astrattezza degli intellettuali tedeschi e trovò dei punti di contatto soltanto con Richard Dehmel e Max Weber, del quale seguì di lì a poco le lezioni di sociologia presso l’Università di Heidelberg, dove studiò principalmente l’economia.
A Heidelberg fondò, con altri studenti, il Kulturpolitischer Bund der Jugend in Deutschland (Associazione politico-culturale della gioventù tedesca), che si proclamava “per la soluzione pacifica dei contrasti tra i popoli e per l’eliminazione della povertà”; e in quanto dirigente di tale organizzazione indirizzò un appello a tutte le università tedesche per protestare contro il militarismo. Nello stesso periodo incominciò a scrivere Die Wandlung, che sarebbe stato pubblicato nel 1920 nella collana “Der dramatische Wille” dell’editore Gustav Kiepenheuer di Potsdam. Ricevette una lettera di Landauer, il cui libro Aufruf zum Sozialismus aveva avuto su Toller un’influenza da lui stesso definita “decisiva”. Il Bund degli studenti venne sciolto, e molti dei suoi membri furono chiamati alle armi: Toller si recò allora a Berlino, al Reichstag, per informarne i deputati socialdemocratici, e conobbe Kurt Eisner, che era il principale esponente a Monaco dell’Unabhängige Sozialdemokratische Partei Deutschlands (USPD, Partito socialista indipendente di Germania). Nel 1918 Toller seguì Eisner a Monaco e aderì all’USPD.
Le radici dell’USPD affondavano nell’opposizione di venti parlamentari del Partito socialdemocratico (SPD) che, il 21 dicembre 1915, avevano votato contro la concessione di ulteriori crediti per finanziare la partecipazione dell’impero tedesco alla prima guerra mondiale. Quest’ala pacifista di sinistra, capeggiata da Hugo Haase, venne espulsa dal gruppo parlamentare del SPD il 24 marzo 1916. Per poter continuare la propria attività parlamentare, gli oppositori formarono allora la Sozialdemokratische Arbeitsgemeinschaft (SAG, Comunità di lavoro socialdemocratica), che fu successivamente espulsa dalle file del SPD il 18 gennaio 1917. L’USPD − che annoverava anche l’ormai sessantatreenne Karl Kautsky tra i suoi dirigenti di maggiore spicco − venne infine fondato tre mesi dopo, in aprile, in occasione di una conferenza tenutasi a Gotha, e Haase fu eletto presidente del nuovo partito. All’USPD aderì poi anche lo Spartakusbund di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, che mantenne comunque una relativa autonomia. Nel periodo successivo al grande sciopero contro la guerra del gennaio 1918, l’USPD poteva contare su 120.000 iscritti.
Dopo che la disfatta
militare della Germania nella prima guerra mondiale ebbe incominciato a profilarsi
in tutta la sua inevitabile concretezza, soprattutto a partire dall’agosto
1918, l’ammutinamento dei marinai tedeschi a Kiel (3 novembre 1918) innescò un
poderoso movimento rivoluzionario. Il 7 novembre si costituì a Monaco un
Consiglio Nazionale provvisorio della Baviera SPD-USPD sotto la presidenza di
Eisner. In quello stesso mese Toller, congedato dalla caserma, fu
chiamato nella capitale bavarese dallo stesso Eisner e venne eletto membro
della presidenza del Zentralrat der Arbeiter-, Bauern- und Soldatenräte Bayerns
(Consiglio centrale dei soviet degli operai, dei contadini e dei soldati di
Baviera). Intanto il 9 novembre, a Berlino, erano
stati formati i soviet degli operai e dei soldati e una delegazione socialdemocratica
si era recata a chiedere al Cancelliere del Reich la resa del governo ai lavoratori
in armi. L’approfondirsi di questa dinamica rivoluzionaria portò al collasso
definitivo dell’impero, e Paul von Hindenburg, all’epoca Capo di Stato maggiore
dell’esercito, e il Kaiser fuggirono in Olanda.
Pur criticando duramente
il SPD per essere entrato a far parte del governo della repubblica tedesca nata
dal crollo dell’impero, l’USPD raggiunse un accordo con lo stesso SPD proprio
in concomitanza con la “rivoluzione di novembre” ed entrò a far parte del
governo provvisorio di coalizione SPD-USPD denominato Rat der Volksbeauftragen
(Consiglio dei delegati del popolo), costituito il 10 novembre 1918 e
capeggiato da Friedrich Ebert. Ma tale blocco fu di breve durata, visto che il
29 dicembre i ministri dell’USPD − Haase, Wilhelm Dittmann ed Emil Barth
− abbandonarono il governo per protestare contro l’atteggiamento adottato
dal SPD rispetto all’ammutinamento dei soldati del 23 novembre a Berlino. In
quegli stessi giorni lo Spartakusbund si staccò dall’USPD, del quale criticava
le posizioni centriste e irresolute, per costituire insieme ad altre
formazioni di estrema sinistra il Partito comunista tedesco (KPD). Agli inizi
di gennaio del 1919 la destituzione del questore di Berlino Emil Eichhorn, che
era membro dell’USPD, provocò un movimento di carattere insurrezionale. E fu
anche grazie alla precedente rottura con l’USPD che il SPD si ritrovò le mani
libere per procedere allo strangolamento dei “moti spartachisti” − che
furono in realtà, in larga misura, un’iniziativa spontanea delle masse
inizialmente contrastata e successivamente sostenuta sia dall’USPD che dal KPD
− e al ripristino dell’ordine borghese attraverso il terrore bianco dei
Freikorps, le cui vittime più illustri furono, il 15 gennaio 1919, la Luxemburg
e Liebknecht.
Nel dicembre 1918 Toller aveva preso parte al congresso dei Consigli tenutosi a Berlino, e nel gennaio 1919 partecipò attivamente alle assemblee popolari e durante lo sciopero degli operai delle fabbriche di munizioni distribuì dei volantini contro la guerra contenenti scene della Wandlung. Arrestato e detenuto nel vecchio carcere militare della Leonrodstrasse di Monaco, vi studiò tra l’altro le opere di Karl Marx, Friedich Engels, Ferdinand Lassalle, Michail Bakunin, Franz Mehring e Rosa Luxemburg, e scoprì i nessi esistenti tra il sistema capitalista e la guerra imperialista. Completata la Wandlung in prigione, venne poi scarcerato per motivi di salute e inviato nel battaglione di riservisti di stanza a Neu-Ulm. In questo periodo fece visita a Landauer. Su richiesta di sua madre, che non riusciva a capire come il proprio figlio avesse potuto partecipare allo sciopero e che cercava di difenderlo dall’accusa di alto tradimento, fu trasferito in una clinica psichiatrica, dove venne dichiarato “isterico”. Il tribunale, comunque, decise di chiudere il procedimento giudiziario a suo carico.
Nel periodo successivo la repressione si abbatté, come
vedremo tra breve, anche sullo stesso Toller, la cui fotografia campeggiò su
un avviso di cattura con tanto di taglia (qui riprodotto a pag. 9). La curatrice
dell’edizione italiana (non integrale) delle tolleriane Briefe aus dem
Gefängnis ha ben messo in evidenza come
durante questo periodo rivoluzionario Toller non avesse esitato a rivolgere le
proprie critiche politiche tanto all’“estremismo” dei comunisti tedeschi
− e in special modo di quelli bavaresi, capeggiati da Eugen Leviné
− quanto, e soprattutto, alla politica apertamente e attivamente controrivoluzionaria
seguita dai vertici del SPD:
Già nel dicembre 1918, quindi prima della
repressione dell’insurrezione spartachista (…), Toller, membro del Consiglio
degli operai di Monaco, aveva denunciato nel Nationalrat [Consiglio Nazionale]
l’iniziativa socialdemocratica di costruire, insieme alle forze reazionarie
borghesi (…), una “milizia civica” “per proteggere la vita e la proprietà” e
per prevenire un putsch “di sinistra o di destra”, (…) in realtà in funzione
controrivoluzionaria.
Individuando nella rivoluzione tedesca il
carattere di scontro tra capitalismo e socialismo, Toller aveva preso posizione
contro un’alleanza tra proletariato e
borghesia reazionaria, e aveva
sollecitato la costituzione di un “fronte unitario del socia-
lismo e della repubblica”.
Quella sollecitata da Toller è quindi
un’unità costruita attorno a un programma socialista, che lasci fuori i
rappresentanti della borghesia reazionaria e che isoli, smascherandone il ruolo
controrivoluzionario per eliminarne l’influenza su grandi masse popolari, i
dirigenti di “destra” della socialdemocrazia, combattuti costantemente anche
dopo la sconfitta della rivoluzione (…).[2]
Agli inizi di
febbraio del 1919 Toller si recò con Eisner a Berna per assistere ad una conferenza
della Seconda Internazionale, e dopo l’assassinio di Eisner, avvenuto il 21
febbraio 1919 per mano del conte Anton Graf von Arco auf Valley, la reazione
popolare portò alla proclamazione a Monaco, il 7 aprile, della prima Repubblica
dei consigli bavarese − alla quale parteciparono anche gli anarchici
Landauer e Mühsam e del cui Consiglio centrale Toller fu nominato presidente
− in contrapposizione al governo borghese “ufficiale” della Baviera
insediatosi a Bamberg e capeggiato dal socialdemocratico Johannes Hoffmann, che
il 13 aprile scatenò un poderoso attacco militare contro Monaco. Seppur
fallito, l’attacco determinò la caduta del regime consiliarista e la
proclamazione, sempre il 13 aprile, di una seconda Repubblica dei consigli,
egemonizzata questa volta dal KPD: del suo Consiglio Esecutivo facevano
infatti parte, oltre a Toller, i comunisti Leviné (che ne venne eletto
presidente, e che fu successivamente vittima del
terrore bianco, il 5 giugno 1919), Max Levien (che, rifugiatosi in Unione
Sovietica nel 1921, sarebbe poi stato vittima delle “grandi purghe” staliniane
nel 1937) e l’emissario di Mosca Tobias Akselrod (anch’egli liquidato dallo
stalinismo nel 1938).
A Toller fu affidato il comando dell’Armata Rossa bavarese, il cui obiettivo immediato era quello di riconquistare Dachau − come poi effettivamente avvenne il 16 aprile 1919 − strappandola alle truppe di Hoffmann, per poter meglio difendere Monaco dagli attacchi di queste ultime. Ma Toller entrò più volte in conflitto con le scelte militari e politiche dei dirigenti comunisti bavaresi, e il 26 aprile 1919 arrivò a dare le dimissioni da comandante del gruppo di armate di Dachau.[3] il 1° maggio 1919 segnò la disfatta militare della Repubblica dei consigli e i reparti controrivoluzionari occuparono Monaco, scatenando il terrore bianco: Landauer fu assassinato il 2 maggio, il comandante delle Guardie rosse Rudolf Engelhofer venne fucilato senza processo il 3 giugno, lo stesso Leviné cadde vittima delle forze reazionarie il 5 giugno… Toller fu invece uno dei pochi dirigenti della Baviera rossa che riuscirono a salvare la pelle ma, dopo aver eluso per alcune settimane la polizia che gli dava la caccia, il 4 giugno venne arrestato e rinchiuso nel carcere di Stadelheim, dove il terrore controrivoluzionario regnava sovrano, e per di più nella stessa cella in cui Leviné aveva trascorso le sue ultime ore prima di essere condotto alla fucilazione. Nel suo volume autobiografico, Toller si sofferma a più riprese su questo clima di terrore, mostruosamente tangibile sin dall’esterno delle mura della prigione:
Ci fermiamo davanti alla porta del carcere. Una
scritta di gesso bianco (…) spicca sinistra sul muro: “Qui si fanno sanguinacci
e salsicce col sangue degli spartachisti, qui si spediscono gratis i rossi
nell’aldilà.”
La soldatesca ci accoglie con selvagge grida di
giubilo e imprecazioni (…)
Le ombre dei compagni caduti mi vengono incontro; vedo
il muro press cui sono state fucilate trentasei persone: è costellato da
innumerevoli buchi di pallottole, ancora vi aderiscono brandelli di carne
disseccata, pezzi di materia cerebrale, capelli; pozze di sangue prosciugate
coprono il terreno circostante. Conto i buchi delle pallottole sul muro; il
secondino mi spiega perché sono tanto bassi. I soldati del Württemberg −
mi dice −, ubriachi, miravano al ventre e alle ginocchia: − Non
devi crepare subito, cane di spartachista, − dicevano, − prima ti
facciamo un buchetto nella pancia.
Mi fermo davanti al muro. Rabbrividisco.
Qui è stato ucciso il ragazzo che aveva portato munizioni
a una guardia rossa.
Qui è morta la donna che, per preservare l’uomo amato,
si era nascosta in seno la bomba a mano ch’egli portava.
Qui è stramazzato Leviné gridando: “Viva la
rivoluzione mondiale!”
Una porticina ci separa dal carcere femminile, dove è
stato massacrato Gustav Landauer.[4]
Il 14 luglio 1919 si aprì il processo a suo carico, e il giorno dopo Haase pronunciò un discorso nel quale sostenne che l’accusa di alto tradimento rivolta a Toller era priva di fondamento nella misura in cui tra il novembre 1918 e il luglio 1919 la struttura governativa era in uno stato di “permanente rivolgimento”; in altre parole, non esisteva in realtà un governo vero e proprio contro il quale Toller potesse commettere il reato imputatogli; e del resto, dopo ce il Landtag bavarese ebbe abbandonato Monaco dopo l’assassinio di Eisner, il governo della repubblica dei consigli di cui Toller faceva parte era di fatto il governo legale della Baviera.[5] A conclusione del processo, il 16 luglio una corte marziale riconobbe gli “onorevoli motivi” che lo avevano guidato e lo condannò a cinque anni di lavori forzati per alto tradimento nonostante il fatto che il pubblico accusatore avesse chiesto per lui la condanna a morte: lo stesso Toller avrebbe in seguito ricordato che questa considerevole “riduzione della pena” fu dovuta all’appassionata eloquenza del proprio discorso di autodifesa.
Dal luglio
1919 al luglio 1924 Toller fu detenuto nella prigione di Niederschönenfeld,
dove scontò la pena nella sua interezza rifiutando le offerte di amnistia
− dettate dal successo dei suoi lavori teatrali −, visto che la sua
scarcerazione non avrebbe comportato anche quella degli altri compagni
condannati per i suoi stessi motivi. Durante la prigionia ebbe rapporti epistolari
con intellettuali pacifisti e socialisti, tra cui Romain Rolland, Henri Barbusse,
Kurt Tucholsky e Stefan Zweig. E scrisse drammi e poesie, esito della sua
riflessione sulle cause della sconfitta della rivoluzione e sul ruolo da lui
giocato negli avvenimenti di Monaco, ma anche sugli ulteriori sviluppi
politici della Repubblica di Weimar. Sugli aspetti precipuamente politici di
tale riflessione vale la pena di soffermarsi, dal momento che egli non si limitò a denunciare l’alleanza “tattica” tra
la socialdemocrazia e le forze reazionarie, che era riuscita a soffocare la
rivoluzione di cui lo stesso Toller era stato uno dei protagonisti, ma arrivò
a prevedere per la Germania un’ulteriore, futura involuzione dittatoriale,
vera e propria prefigurazione del regime nazista: “La catastrofe appare
inarrestabile”, aveva scritto nel 1921. Come è stato giustamente notato:
(…) Questa frase però, se da una parte
mostra la piena consapevolezza della gravità della crisi, del potere delle
forze economiche e politiche reazionarie, dell’inadeguatezza di una resistenza
operaia demoralizzata dalle ripetute sconfitte e divisa al suo interno,
dall’altra denota una sorta di fatalismo, di disperazione di fronte a una tendenza
che invece (…) era “resistibile”. Emerge qui quel “pessimismo” spesso
rimproverato a Toller (…), in parte a ragion veduta e in parte a torto.
L’isolamento del carcere (…) non significa
per Toller astrazione dal mondo sterno ma anzi un’estrema attenzione agli
avvenimenti politici della Repubblica di Weimar. Ma proprio il cercare di
cogliere le linee di tendenza generali di tali avvenimenti lo porta ad
evidenziare alcuni elementi negativi che gli appaiono costanti e fondamentali
(come poi storicamente dimostrato), e a dubitare, anche a causa del senso di
impotenza derivante dall’impossibilità di intervenire personalmente nella lotta
politica, della capacità del movimento operaio di reagire a queste tendenze,
anche perché era cosciente del fatto che la sinistra stava compiendo degli
errori di fronte alla strategia della destra.[6]
Durante la prigionia di Toller, il 30 settembre 1919 Die Wandlung venne messa in scena per la prima volta alla Tribüne di Berlino. E all’ottobre 1919 risale anche la prima stesura di un’altra sua opera teatrale, Masse-Mensch, che fu rappresentata per la prima volta il 15 novembre 1920 allo Stadttheater di Norimberga. Ma il dramma venne vietato dal nuovo governo bavarese reazionario di Gustav Ritter von Kahr per “incitamento all’odio di classe”. Nell’inverno 1920-21 Toller scrisse Maschinenstürmer, e il 29 settembre 1921 Masse-Mensch, che era stata messa all’indice in Baviera, riscosse un enorme successo alla Volksbühne di Berlino. Sempre nel 1921, Toller pubblicò nella collana di opuscoli “Der jüngste Tag” dell’editore Kurt Wolff di Lipsia Gedichte der Gefangenen. Ein Sonettenkranz, che aveva iniziato a comporre nel 1918, nel carcere della Leonrodstrasse. Tra il 1921 e il 1922 scrisse Die Hinkemanns, che nella seconda stesura muterà il titolo in Deutscher Hinkemann (1923), per poi adottare il definitivo Hinkemann (1924) al momento della terza stesura, onde evitare interpretazioni errate da parte della critica. Ecco quanto lo stesso Toller ebbe a dire a proposito del significato più profondo di questo dramma in una lettera inviata dalla sua cella a S. Zweig il 13 giugno 1923:
(…) Ho scritto quest’opera in un periodo in cui,
dolorosamente, ho riconosciuto il tragico limite di tutte le possibilità di
felicità della rivoluzione sociale. Il limite al di là del quale la natura è
più potente della volontà umana del singolo e della società. Per questo la
tragedia non cesserà mai. Anche il comunismo ha la sua tragedia. Ci saranno sempre
individui il cui dolore è insolubile. E se c’è anche un solo individuo il cui
dolore non può mai cessare, la tragicità di quell’unico individuo è allo
stesso tempo la tragicità della società in cui vive. Il mondo antico conosceva
l’eroe prometeico, che credeva di poter vincere il destino ed eliminare ogni
dolore; nel nostro tempo all’eroe singolo si è sostituita un’intera classe. Non
lo dico per rassegnazione. Solo il debole si rassegna, vedendo che non è in
grado di dare perfetta realizzazione al sogno agognato. Al forte l’acquistare
coscienza non toglie nulla della sua volontà appassionata. Oggi non abbiamo
bisogno di quegli uomini che, nella loro grande passione, sono ciechi, abbiamo
bisogno di quelli che vogliono − benché sappiano.
Il bene assoluto, il “paradiso in terra” non lo creerà
nessun sistema sociale, si tratta unicamente di lottare per il meglio relativo
che l’uomo può trovare e realizzare. Un sistema che si basa sull’ingiustizia
sociale, la disuguaglianza e la mancanza di libertà non può reggere davanti
alla ragione.
A un effetto teatrale dell’opera non rinuncio. Io
credo che proprio attraverso la mescolanza di ridicolo e tragico arrivi
all’ascoltatore l’idea dell’antinomia di ciò che accade nella vita.[7]
Il 30 giugno 1922 venne rappresentata la prima di Maschinenstürmer al Grosses Schauspielhaus di Berlino. Il 6 agosto furono messi in scena a Lipsia i Bilder aus der grossen französischen Revolution in occasione della festa annuale dei sindacati. Nel corso del 1923 Toller scrisse lo Schwalbenbuch, che fu subito sequestrato per il suo “contenuto agitatorio”. Il 19 settembre 1923 il suo Deutscher Hinkemann (seconda stesura) venne rappresentato per la prima volta all’Altes Theater di Lipsia. E ancora nel 1923 Toller scrisse la commedia Die entfesselte Wotan. L’11 aprile dell’anno seguente l’Hinkemann (terza stesura) fu messo in scena al Residenztheater di Berlino. Come per altre opere di Toller, le rappresentazioni di Hinkemann (ad esempio quella di Dresda del 17 gennaio 1924) furono accompagnate da disordini provocati da squadracce naziste organizzate. E sempre nel 1924 Toller pubblicò, tra l’altro, la raccolta Vormorgen, che comprendeva i Verse vom Friedhof (1912-18) e i Lieder der Gefangen.
Il 15 luglio 1924, scontata la pena, egli fu espulso dalla Baviera, e il mese seguente fu ospite d’onore dell’Arbeiter-Kulturwoche di Lipsia. Toller, che negli anni del carcere non si era schierato né con la sinistra dell’USPD che il 4 dicembre 1920 aveva aderito al KPD, né con l’ala destra che il 24 settembre 1922 aveva deciso di rientrare nelle file del SPD, rinunciò allora a qualsiasi attività di partito: “Mi considero senza partito”, aveva scritto il 4 maggio 1924 a Paul Z.[8] E anche negli anni successivi si mantenne su queste posizioni apartitiche. Ciò nonostante, alcuni storici gli hanno erroneamente attribuito una militanza nel movimento comunista: la breve scheda biografica che compare in un celebre lavoro di Pierre Broué parla, ad esempio, di una sua vera e propria adesione al KPD dopo la scarcerazione.[9] Ma una simile adesione, già ascrittagli, tra gli altri, dal New York Times del 1° febbraio 1937, era stata prontamente smentita dallo stesso Toller, che l’aveva apertamente negata sottolineando che l’USPD era l’unico partito del quale fosse stato membro.[10]
Durante i cinque anni di detenzione a Niederschönenfeld egli aveva insomma scelto di dar una continuità al suo impegno politico come Parteiloser (senza-partito) e, soprattutto, come letterato. Prima, durante e dopo quei cinque anni aveva collaborato ad alcune delle testate più rappresentative della cultura di sinistra della Repubblica di Weimar: Die Aktion di Franz Pfemfert, Die Weissen Blätter, Menschen, Das Tribunal, Der Weg, Die Bücherkiste, Die Erhebung e l’almanacco annuale Unser Weg. La sua fama di poeta e drammaturgo non aveva mai smesso di crescere, ma agli esiti grandemente positivi delle prime opere teatrali non fece seguito un uguale successo della sua produzione letteraria successiva. Come ha scritto uno storico del periodo weimariano:
(…) Ernst Toller scrisse alcune delle sue cose
migliori mentre era in carcere, dove l’avevano chiuso per la parte che aveva
avuto nell’insurrezione di Monaco, nel 1919. Era molto amato e molto ammirato;
combattente della giustizia e credente nell’umanità, riversava nei suoi drammi
la pienezza dell’entusiasmo giovanile che lo animava, ma la sua fama fu effimera.
Il buon esito del primo lavoro teatrale, Die Wandlung, lo dovette a un
regista e a un interprete geniali ([Karl Heinz] Martin e [Fritz] Kortner).
Quelli che produsse in seguito sui luddisti (Die Maschinenstürmer) e su
un invalido di guerra dall’esistenza distrutta (Hinkemann) dettero la
prova che il giudizio dei critici, i quali lo avevano proclamato il più grande
genio drammatico degli anni Venti, era stato troppo precipitoso. “Pathos
provinciale”, dicevano adesso, “cliché giornalistico”, “naturalismo di
bassa lega”, e facevano confronti sfavorevoli con le opere giovanili di
[Gerhart] Hauptmann. Toller trovò un potente alleato in Alfred Kerr, il critico
principe di quegli anni, che lo collocava molto al di sopra di [Bertolt]
Brecht. Ma il pubblico lo considerava un fallimento molto prima che i nazisti
salissero al potere (…).[11]
Nel marzo 1925 Toller intraprese un viaggio di otto nel Vicino Oriente e in Palestina, ma la sua malattia lo costrinse a rientrare con grande anticipo in Germania. Nel corso del 1925 Toller si stabilì a Berlino, dove collaborò alla Weltbühne; l’8 novembre pronunciò di fronte agli operai berlinesi il suo celebre discorso sulla Deutsche Revolution e, ancora nel 1925, pubblicò la commedia Die Rache des verhöhnten Liebhabers. Tra il marzo e il maggio 1926, su invito di Anatolij Lunačarskij, effettuò un viaggio nell’Unione Sovietica, dove i suoi drammi venivano rappresentati con successo. Conobbe il grande regista teatrale tedesco Erwin Piscator, prendendo posizione a favore di un teatro politico, e fino al 1933 legò le proprie attività teatrali alla lotta contro il militarismo e il fascismo e contro la repressione borghese in generale, esprimendo i propri punti di vista in numerose conferenze pubbliche. In quello stesso periodo Toller aderì al Gruppe Revolutionärer Pazifisten (Gruppo dei pacifisti rivoluzionari), che era nato nel 1925 in seguito ad una scissione di sinistra del movimento pacifista borghese e che rifiutava il pacifismo assoluto e considerava invece la lotta di classe come strumento necessario per la creazione di una nuova società che garantisse la pace.
Nel 1927 pubblicò Justiz. Erlebnisse, e agli inizi di settembre di quell’anno il suo Hoppla, wir leben! venne messo in scena per la prima volta al Kammerspiele di Amburgo e, per la regia di Piscator, alla Piscatorbühne am Nollendorfplatz di Berlino. L’anno seguente Toller iniziò la stesura del dramma storico Feuer aus des Kesseln. Tra il settembre e il dicembre 1929 effettuò un viaggio negli Stati Uniti, dove tenne varie conferenze, e una visita più breve in Messico; e nella primavera del 1932 visitò la Spagna, continuando durante tutti questi anni a consacrarsi all’attività letteraria e a coltivare l’impegno politico, soprattutto in opposizione al nazismo montante. Alla fine di febbraio del 1933 Toller si recò in Svizzera e, in seguito alla vittoria di Hitler, non rientrò più in Germania. Le sue opere furono proibite dai nazisti e date alle fiamme nei roghi di libri del maggio 1933.
Toller intervenne al congresso del PEN Club tenutosi a Dubrovnik il 27-30 maggio 1933 e, in agosto, il suo nome venne incluso dal regime nazista nel primo elenco di persone che dovevano essere private della nazionalità tedesca. Alla fine di quell’anno pubblicò ad Amsterdam il volume autobiografico Eine Jugend in Deutschland. Nel luglio 1934 Toller compì un altro viaggio nell’URSS staliniana. In occasione del I Congresso dell’Unione degli scrittori sovietici svoltosi a Leningrado dal 17 agosto al 1° settembre − congresso che sancì l’obbligo per gli artisti, come sottolineò con vigore Andrei Ždanov, di piegarsi ai dettami del “realismo socialista” − conobbe tra gli altri Maksim Gorkij. Gli scrittori tedeschi presenti (Theodor Plievier, Gustav Regler, ecc.) gli rimproverarono il suo “sentimentalismo piccolo-borghese”. Del resto Toller non si piegò mai all’umiliante servilismo di certi intellettuali “compagni di strada” del comunismo stalinista. Mirko Kus-Nikolajev, che a Toller fu legato da una pluriennale amicizia, sottolineò dopo la sua tragica scomparsa che il socialismo di Toller non era grettamente “materialistico”, ma che egli credeva piuttosto nell’imperativo morale della rivoluzione, e che sarebbe stato addirittura un ammiratore della “grandezza morale” di Trotsky.[12]
Nel marzo 1935 Toller sposò a Londra Cristiane Grautoff e, sempre nel corso di quell’anno, si stabilì in Francia dove prese parte, a Parigi, al Congresso Internazionale degli scrittori per la difesa della cultura, e fece pubblicare ad Amsterdam le già ricordate Briefe aus dem Gefängnis. A partire dall’ottobre dell’anno seguente effettuò un giro di conferenze negli Stati Uniti e in Canada, dove scrisse la commedia No More Peace. Stabilitosi in California nella primavera del 1937, continuò a dare conferenze − che spesso venivano vietate a causa del carattere particolarmente radicale delle posizioni non soltanto antinaziste, ma anche più generalmente anticapitaliste, che Toller vi esprimeva − e lavorò tra l’altro per l’industria cinematografica di Hollywood, e segnatamente per la Metro-Goldwyn-Mayer, anche se nessuno dei suoi soggetti cinematografici venne effettivamente utilizzato. Dagli Stati Uniti si recò poi in Spagna dal luglio al settembre 1938, durante la guerra civile, dove prese parte a Madrid al Congresso Internazionale degli scrittori per la difesa della pace. Rientrato negli Stati Uniti, negli ultimi mesi del 1938 si fece promotore di una raccolta di cibo e di fondi per la Spagna repubblicana. Ma nel 1939 l’ingente somma raccolta per la Spagna repubblicana finì nelle mani dei franchisti, che alla fine di marzo erano entrati a Madrid dopo aver conquistato Barcellona in gennaio.
Demoralizzato anche a causa di questi avvenimenti e dell’espandersi incontrastato della Germania nazista, oltre che da una sempre più accentuata ipocondria e dal progressivo peggioramento dei suoi rapporti con la giovane attrice che aveva sposato negli Stati Uniti, Toller finì per impiccarsi il 22 maggio 1939 in una camera d’albergo nei pressi del Central Park di New York. Dall’ultima opera a cui aveva lavorato, il dramma Pastor Hall, sarebbe stato tratto un film nel 1940. Secondo il figlio primogenito di Thomas Mann, Klaus, Toller “non lasciò neppure una lettera d’addio per spiegare le ragioni del suo gesto”. Il suo fu un atto disperato, fatto della stessa disperazione che in quegli anni tragici accomunò tanti esuli tedeschi oppositori del nazismo: dal nipote dello Toller, che si uccise diciottenne e al quale lo scrittore dedicò Eine Jugend in Deutschland, fino a figure di maggiore spicco come Stefan Zweig − che si suicidò con la moglie a Petropolis, in Brasile, nel febbraio 1942 − e Klaus Mann, che mise fine ai suoi giorni nell’aprile 1949 a Cannes. Come ha osservato Enrico Castellani:
(…) Toller non fu certamente un chiaroveggente
ideologo, né un sagace uomo politico, e nemmeno si può dire un grande artista,
benché rappresenti senza dubbio una delle figure centrali del movimento
espressionista (…). Ma egli fu certo un uomo di fede, un uomo che per la sua
fede soffrì e non avrebbe esitato a versare il proprio sangue. È questo che ce
lo rende caro e ci aiuta a capire e a superare le evidenti debolezze e
stanchezze della sua arte.[13]
Firenze, agosto 2003 Paolo Casciola
[1] Si vedano ad esempio Denis Authier-Jean Barrot, La sinistra comunista in Germania, La Salamandra, Milano 1981, p. 60; e Serge Cosseron, voce “Ernst Toller”, in Jacques Droz (sotto la direzione di), Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier international. L’Allemagne, Les Éditions Ouvrières, Paris 1990 p. 475; in tempi più recenti l’errore è stato riproposto dai curatori del volume di Paul Frölich e altri, Rivoluzione e controrivoluzione in Gemania 1918-1920, Pantarei, Milano 2001, p. 446.
[2] Viviana Finzi Vita, “Toller e la rivoluzione tedesca”, in E. Toller, Lettere dal carcere, Bulzoni, Roma 1980, pp. 13-14.
[3] Su questa sempre più accentuata opposizione di Toller rispetto ai comunisti si veda ad esempio Allan Mitchell, Revolution in Bavaria 1918-1919. The Eisner Regime and the Soviet Republic, Princeton University Press, Princeton 1965. Richard Grunberger, Red Rising in Bavaria, Arthur Baker Ltd, London 1973, p. 117, ha riferito che, alcuni giorni dopo i combattimenti della domenica delle Palme, Toller si era recato ad una riunione dell’Esecutivo comunista della repubblica bavarese per sfidare apertamente la sua legittimità e, alla fine di un violento alterco, Levien aveva addirittura ordinato il suo arresto.
[4] Ernst Toller, Una giovinezza in Germania, Einaudi, Torino 1972, pp. 190, 193.
[5] Si veda H. Haase, “Rede vor der Münchener Standgericht, gehalten am 15. Juli, 1919“, in Stefan Grossmann, Der Hochverräter Ernst Toller. Die Geschichte eines Prozesses, Ernst Rowohlt, Berlin 1919, pp. 30-36.
[6] V. Finzi Vita, op. cit., p. 9.
[7] E. Toller, Lettere dal carcere, cit., pp. 91-92.
[8] E. Toller, Briefe aus dem Gefängnis, Querido Verlag, Amsterdam 1935, p. 260.
[9] Pierre Broué, Rivoluzione in Germania 1917-1923, Einaudi, Torino 1977, p. 829; più di recente, l’errore è stato ripreso tra l’altro dai curatori del volume di Victor Serge, Germania 1923. La mancata rivoluzione, Graphos, Genova 2003, p. 549.
[10] “Ernst Toller’s Politics. German Writer Says He Was Never Member of Communist Party”, New York Times, 4 febbraio 1937.
[11] Walter Laqueur, La Repubblica di Weimar, Rizzoli, Milano 1977, pp. 180-181.
[12] Mirko Kus-Nikolajev, “Sječanja Ernesta Tollera”, Jutarnij List, n. 11, Zagreb, 2 giugno 1939, pp. 2-3.
[13] Enrico Castellani, “Nota introduttiva” a E. Toller, Oplà, noi viviamo!, Einaudi, Torino 1968, p. 6.