RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE IN GERMANIA

 

 

La repubblica non trovò nessuna resistenza, né all'estero, né all'interno. Con ciò essa fu disarmata.

Il suo compito non consistette più nella trasformazione rivoluzionaria del mondo, ma soltanto nell'adattarsi alle condizioni della società borghese.

(Karl Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850)

 

 

1. 1 Pace, unità e fiducia!

Nel mese di novembre [1918], nel giro di una settimana, la rivoluzione dilagò in tutta la Germania. La marea rivoluzionaria, dopo aver sommerso Berlino, travolse le altre città. Fu un fenomeno spontaneo che non provocò alcuno sgomento, come fosse un evento del tutto naturale. Gli operai organizzavano assemblee e dimostrazioni che non erano percepite come una minaccia, ma come vivaci manifestazioni di entusiasmo. Dappertutto sventolavano le bandiere rosse, nastrini rossi erano a ogni occhiello e i volti erano sorridenti, quasi che i giorni cupi e piovosi di novembre avessero portato la primavera. Tutti si mostravano pieni di fiducia. La rivoluzione era esplosa all'insegna della fratellanza tra le classi. Proprio come nell'ironica predizione di Heine:

Francesi e Inglesi sono per natura
del tutto senza cuore.
Cuore ha soltanto il Tedesco,
che resterà bonario
persino nella pratica del terrore.

Quando le corone cominciarono a rotolare nei rigagnoli delle vie, i sovrani non vennero trascinati al patibolo su tiri a sei cavalli, ma furono gentilmente invitati a rinunciare al trono; qualche "governo rivoluzionario" giunse a esprimere alla dinastia detronizzata devota gratitudine per le angherie commesse nel corso dei secoli. Lo stesso Arthur Crispien, che pure vantava con orgoglio le sue qualità di grande rivoluzionario, non seppe evitarlo, e il vecchio Hermann Molkenbuhr assunse il ruolo di "gran cerimoniere" in occasione del viaggio della sovrana per ricongiungersi a Guglielmo, il fuggiasco.

Ovunque la rivoluzione vinse senza seria opposizione. Neppure dove questa stata organizzata ci furono scontri: tutte le classi la accolsero con favore, perché vi ravvisavano il modo migliore di porre fine a una guerra irrimediabilmente perduta e di rovesciare contemporaneamente un sistema giudicato grottescamente anacronistico, per giunta gravato della maledizione di sofferenze e sacrifici disumani.

Naturalmente i maggiori responsabili del vecchio regime si precipitarono vilmente in cerca di un rifugio. Erich von Ludendorff, munito di occhiali blu e passaporto falso rilasciatogli da un altrettanto falso governo socialista, fuggì in Svezia. Quando però scoprirono il reale carattere dei "capi della rivoluzione", i soliti parassiti rialzarono la testa. Il socialismo divenne di moda e, miracolo, quasi tutti si riscoprirono socialisti. Finanche il direttore della Banca Nazionale, Signor Goldschmidt, che rilasciò alla DAZ [Gazzetta generale tedesca] questa rassicurante dichiarazione: "Il socialismo economico, se applicato con giudizio, è oggi ritenuto anche dai responsabili della vita economica una soluzione del tutto valida".

Com'erano per il socialismo, così erano tutti per la repubblica e, naturalmente, per il popolo. La KreuZ-Zeitung, dopo aver a lungo ponderato, cancellò dalla testata la manchette: Avanti per Dio, il Re e la Patria. Il Partito conservatore si trasformò in Partito popolare tedesco-nazionale; una costola dei nazional-liberali, espressione del grande capitale, diede vita al Partito popolare tedesco e alcuni di loro, fiutando il vento - Gustav Stresemann, per esempio - si spinsero anche più a sinistra. Il Centro cattolico, per adattarsi ai tempi rivoluzionari, adottò il nome di Partito popolare cristiano. I liberali aggiunsero alla loro ragione sociale la parola democrazia, un termine che non osavano pronunciare dal 1848. I pupilli di Guglielmo, principi e duchi, speculatori di borsa e magnati dei grandi trust, alti funzionari statali e procuratori, frugando negli angoli più reconditi della loro coscienza scoprirono con entusiasmo che in realtà avevano da sempre nutrito un profondo affetto per i loro fratelli operai e che, finalmente, potevano dare libero sfogo a questo sentimento. I signori gazzettieri presero a scopiazzare Vassalle, riempiendo di frasi rivoluzionarie i loro giornali. Il signor Heydebrand von der Lasa, capo dei più incalliti reazionari e "re senza corona di Prussia", rivolse - appena al terzo giorno della rivoluzione vittoriosa - un appello ai "compagni junker" affinché sostenessero il governo socialista. Un mese più tardi Traugott von Jagow, l'inossidabile questore di Berlino, si mise a disposizione della nuova forma di Stato - naturalmente dopo aver espresso la propria "riconoscenza per quanto fatto dagli Hohenzollern in cinquecento anni di storia". Wolfgang Kapp e soci scodinzolavano per ottenere un impiego, anche modesto, che consentisse loro di servire il bene comune.

Ogni volta che trionfa una nuova libertà, la storia si ripete e replica la commedia, descritta salacemente dal Charivari, della rivoluzione del 1848 in Francia:

Generali, colonnelli, procuratori dei re, presidenti e giudici di tribunale - insomma tutti coloro che per diciotto anni hanno puntellato con convinzione la monarchia di luglio - si affrettano ora ad abbracciare la causa della repubblica. Sono tanti quelli che si accodano per presentare la loro dichiarazione di adesione agli sportelli dei municipi. Interi carichi di devozione e colli di simpatia vengono scaricati negli uffici pubblici. Diligenze postali, carri merci e innumerevoli altri mezzi di trasporto arrivano colmi di questa mercanzia. Presto le ferrovie dovranno introdurre treni straordinari, mentre i pali telegrafici già vacillano. Suvvia, egregi signori, abbiate un po' di coraggio e di decenza. Una sola offerta di dimissioni, me ne basta una sola, per favore, che salvi almeno l'onore della bandiera!

 

 

Un grande manifesto rosso apparve sui muri di Berlino nel dicembre 1918:
"Lavoratore, cittadino
La Patria è sull'orlo della rovina
Salvala!
La minaccia non viene dall'esterno, ma dall'interno:
dal gruppo Spartaco.
Colpite il loro capo!
Uccidete Liebknecht!
E avrete pace lavoro e pane!
I soldati del fronte"

1.6 "TØ tet Liebknecht!"

Parallelamente alla preparazione militare per la guerra civile contro la classe operaia si procedette alla preparazione "ideologica", iniziata con la diffusione di un insulso e trionfale inno alla vittoria della rivoluzione di novembre. Seguirono le promesse, le menzogne, le rampogne e le minacce. L'Heimatdienst [Servizio ausiliario per la Patria], un'istituzione creata durante la guerra per manipolare l'opinione pubblica, diffuse centinaia di milioni di copie di volantini, opuscoli e manifesti, per lo più redatti da socialdemocratici, a sostegno della reazione. Distorcendo senza pudore il significato delle rivoluzioni precedenti e gli insegnamenti di Marx, Kautsky vi proclamava la sua indignazione per "il protrarsi della rivoluzione". Del "Bolscevismo" si faceva uno spauracchio per bambini. Anche questo concerto fu diretto dai socialdemocratici, gli stessi gentiluomini che durante la guerra avevano acclamato nella stampa i bolscevichi - descritti come fedeli discepoli del pensiero di Marx - perché vedevano allora nelle lotte rivoluzionarie russe un aiuto che avrebbe permesso a Ludendorff e soci di sconfiggere definitivamente le potenze occidentali. Ora invece diffondevano storie raccapriccianti sui bolscevichi, sino a far circolare falsi "documenti ufficiali" secondo i quali i rivoluzionari russi avevano messo in comune le donne.

I manifesti per le strade rappresentavano il Bolscevismo come una fiera dalle fauci spalancate, pronta ad azzannare. La vecchia associazione del Reich contro la socialdemocrazia, che si era guadagnata il soprannome dispregiativo di "Associazione delle menzogne del Reich", risorse dalle ceneri sotto il nome di Lega antibolscevica. A questa associazione collaboravano alcuni socialdemocratici famosi che cucinavano tossiche brodaglie per la sua propaganda ed erano retribuiti con il denaro del "fondo corruzione" del governo Ebert-Haase. Karl Erdmann, un pennivendolo che durante la guerra aveva fatto un uso indebito della critica rivoluzionaria ai Kaisersozialiste [Socialisti dell'Imperatore] in un libro a favore della guerra sottomarina, fondò l'organizzazione di propaganda Aufbau und Werden (Costruire e divenire, Società per l'educazione del popolo e il miglioramento delle forze nazionali del lavoro) e la casa editrice Firnverlag. Erdmann ricevette copiosi finanziamenti sia da alcuni grandi capitalisti, in particolare Ernst von Borsig e Hugo Stinnes, sia dalle associazioni padronali, e prese come collaboratori Amo Franke, Walter Oehme e i socialdemocratici August Winnig, Paul Lensch, Arthur Zickler ed Etwin Barth. La casa editrice di Erdmann pubblicò anche alcuni scritti di Heinrich Stróbel. Questi abili mestieranti rivestivano il loro livore antibolscevico e antispartachista di ciance pseudorivoluzionarie, di sedicente marxismo, di critiche ai capi della socialdemocrazia e simili furberie demagogiche. Né va dimenticata, naturalmente, tutta la stampa borghese. Le varie organizzazioni controrivoluzionarie sguinzagliarono i loro comizianti e assoldarono spioni e provocatori. Il denaro, uscito dalle tasche di anonimi sostenitori, scorreva a fiumi. Chi aveva una penna o una voce da vendere, trovava ghiotte occasioni per prostituirsi.

Tutta la spazzatura intellettuale, insieme con alcuni onesti confusionari, si raccoglieva in queste bettole politiche dove era utilizzata per la "giusta causa". La reazione - e gli uomini di Ebert in prima fila - fece tesoro della vecchia ricetta bismarckiana nello sguinzagliare questa ululante carica.

La campagna d'odio contro gli spartachisti iniziò subito, già nella prima settimana della rivoluzione di novembre, agitando lo spettro del Bolscevismo. Ogni delitto commesso nelle grandi città aveva un unico colpevole: Spartaco! Di ogni furto venivano accusati gli spartachisti. Delinquenti in divisa, protetti da documenti ufficiali, veri e falsi, irrompevano nelle abitazioni, fracassando e razziando: era Spartaco a mandarli! Ogni sofferenza, ogni incombente pericolo aveva un'unica matrice: Spartaco. Spartaco è anarchia, Spartaco è carestia, Spartaco è terrore! Già il 15 novembre, il Vorw¬ rts era in grado di svelare "i piani sediziosi del gruppo Spartaco". Poco dopo, a Pirna, Otto Rò hle fu arrestato con l'accusa di organizzare un putsch. Il 19 novembre, contemporaneamente all'assemblea costitutiva del Partito democratico tedesco, lo Steglitzer Anzeiger riferiva che a Steglitz il consiglio dei soldati aveva minacciato i capi di Spartaco: "Karl Liebknecht e la sua Rosa Luxemburg sappiano che, se si presenteranno in una caserma per pronunciare i loro discorsi incendiari, i soldati spareranno a vista." Il Vorw¬ rts organizzò una campagna d'odio contro Karl Liebknecht, descrivendolo come un malato mentale. Venivano diffusi volantini che parlavano di socialisti che non erano socialisti, di operai che non erano operai e di proletari che non erano proletari. A quale scopo? "Karl Liebknecht, un certo Paul Levi e l'impetuosa Rosa Luxemburg, che non hanno mai lavorato a una morsa o a un tornio, stanno mandando in rovina i nostri sogni e quelli dei nostri padri... Se la cricca spartachista vuole bandire noi e il nostro futuro, allora anche Karl Liebknecht e compagni siano messi al bando!" Cominciarono a circolare anche volantini antisemiti nei quali, sempre facendo riferimento a Liebknecht e Luxemburg, si incitava al massacro degli ebrei. Uno dei volantini diceva:

Liebknecht vuole insurrezione armata!
Liebknecht vuole la guerra civile con i suoi sanguinosi scontri di strada!
Liebknecht vuole il disordine, l'interruzione dei trasporti ferroviari e stradali!
Sapete cosa significa questo?
Niente lavoro per gli sventurati operai!
Ancor meno pane per il popolo affamato!
Ancor meno carbone per il popolo che muore di freddo!
Ancor meno case!
Ritardi nei rimpatri dei nostri soldati dal fronte!
Basta con i mestatori, corruttori della nostra innocente gioventù! Facciamola finita con Liebknecht e soci che portano alla rovina la rivoluzione!

L'accanimento nei confronti degli spartachisti si fece sempre più violento e palese, fino a far echeggiare alle orecchie di tutti il grido roco degli avvoltoi:

Colpite il loro capo! Uccidete Liebknecht!

A cosa miravano le ingiurie, i sospetti, le calunnie, l'incitamento all'assassinio, il gran parlare di attentati, di spargimento di sangue, di guerra civile e colpi di Stato? Lo spiegò Rosa Luxemburg, il 24 novembre, sulle pagine della Rote Fahne:

 

Oggi sono altri, quelli a cui giova la paura, il governo del terrore e l'anarchia: sono i signori borghesi, sono tutti i parassiti dell'economia capitalista che tremano per le loro ricchezze e per i loro privilegi, per la proprietà e il potere che ne ricavano. Costoro accusano il proletariato socialista di volere l'anarchia e di ordire colpi di Stato mentre sono proprio loro, tramite i loro agenti, a preparare il terreno per il colpo di Stato e l'anarchia, per soffocare nel caos la rivoluzione proletaria ed erigere sulle sue macerie un'eterna dittatura del capitale.
Il capitale che si batte per sopravvivere è la mente e l'anima della furia scatenata in questi giorni contro l'avanguardia proletaria. La socialdemocrazia maggioritaria ne è la mano e la marionetta. La soggezione del servo verso il padrone è sopravvissuta alla rivoluzione di novembre. Padrone e servo hanno soltanto cucito sui loro abiti dei rossi distintivi. L'organo centrale della socialdemocrazia maggioritaria, il
Vorw¬ rts, è il cuore della grande battuta di caccia controrivoluzionaria contro la Lega Spartaco.
Voi, signori della borghesia, voi del
Vorw¬ rts, servi di un capitalismo ormai in agonia, siete dei bancarottieri che puntano tutto sulla loro ultima carta: l'ignoranza e l'inesperienza politica delle masse. Siete in agguato del momento più favorevole per cogliere l'alloro che fu già dei Thiers, dei Cavaignac e dei Galliffet.

 

1.12 L'assassinio di Rosa Luxemburg e KarI Liebknecht

Il 15 gennaio furono assassinati i due più validi dirigenti del proletariato tedesco. Karl Liebknecht, la personificazione dell'azione rivoluzionaria, e Rosa Luxemburg, la fiaccola ardente, la volontà e la mente della rivoluzione.

Su di loro si era concentrato l'odio della borghesia e dei suoi servitori prezzolati. Fin dal primo giorno della rivoluzione di novembre, sui due dirigenti del proletariato erano state rovesciate senza tregua ogni genere di calunnie, suggerite alla stampa borghese da Stampfer e soci. Già a dicembre manifesti e riunioni avevano preso a incitare le truppe bianche all'omicidio e avevano posto taglie sulle loro teste. Dietro ai numerosi tentativi di arrestare Liebknecht e Rosa Luxemburg spuntava una volontà omicida. I segugi di diverse organizzazioni di spionaggio, foraggiate dal consiglio comunale di Berlino, erano stati sguinzagliati sulle loro tracce, mentre il comando di piazza, tramite il procuratore del Reich Weissmann, dirigeva gli sforzi della Lega antibolscevica. I finanziamenti per questa attività spionistica erano gestiti da von Tyszka, lo stesso che aveva ripetutamente cercato di arrestare Liebknecht e arrestato Ledebour e Meyer. Da dove venisse il denaro ce lo dice questo botta e risposta di fronte alla commissione d'inchiesta prussiana:

Deputato Freymuth (socialdemocratico): Dichiarate se siete a conoscenza di questi fatti. Durante l'interrogatorio, il teste von Tyszka ha affermato che un'autorità militare aveva promesso una forte somma a chi avesse catturato Liebknecht e Ledebour, vivi o morti. Secondo von Tvszka, ciò era risaputo nell'esercito o, quanto meno, questo è il senso delle sue affermazioni. E vero? Cosa ne sapete voi?
Teste Gò rgen (spia): Allora non ne sapevo nulla. Ne vengo a conoscenza solo ora.
Deputato Freymuth: Chi si assunse il compito [di catturare i due rivoluzionari]?
Teste Gò rgen: La cosiddetta "Lega degli assassini", che ha una sede anche a Berlino. Al 156 della Uhlandstrasse si trova una "centrale russa" che si fa chiamare Croce Rossa russa, ma in realtà si occupa del reclutamento di uomini per le truppe baltiche, per le armate di Kol¹ ak e del generale di brigata von der Goltz. Quando un russo o un tedesco si presentano a questa centrale, vengono arruolati e mandai in Karlsbadstrasse al 5 o al 29. Qui vi è un ufficio collegato alla Lega antibolscevica che ufficialmente si occupa solo della lotta al Bolscevismo tramite la propaganda; la centrale ha anche una rete in Germania e all'estero, sotto la copertura di varie imprese commerciali. A Berlino è una società di nome Berner & Altenburg, con uffici al 34 di Dorotheenstrasse. Impiega alcune persone che raccolgono e smistano informazioni da e in tutto il paese. Queste operazioni sono finanziate da ricchi aristocratici russi che dispensano ingenti somme; personalità famose, di cui non intendo rivelare l'identità. Prima e durante gli arresti, von Tyszka mi ha raccontato che uno di questi gli aveva promesso venti o venticinquemila marchi [per arrestare Ledebour e Meyer]. Voleva tenerseli tutti per sé.

La Lega antibolscevica era finanziata anche dallo Stato tramite i fondi dell'Heimatdienst, un'autentica centrale della corruzione. Durante gli scontri eli gennaio erano state costituite organizzazioni spionistiche presso l'hotel Eden e il reggimento Reichstag. La Lega antibolscevica, il Consiglio cittadino e l'hotel Eden da una parte, il reggimento Reichstag e il comando di piazza dall'altra a volte collaboravano, a volte si facevano la forca. Pare che Weissmann fosse l'agente di collegamento tra le due centrali controrivoluzionarie. La rete di spionaggio del reggimento Reichstag si era camuffata sotto il nome di "Servizio di consulenza del Partito socialdemocratico, sezione 14". Il gruppo, costituito da quattordici agenti e dal personale di supporto, aveva tra i suoi compiti la "neutralizzazione di personalità politicamente sospette". Le istruzioni del sottotenente Fischer erano di dare la caccia ai capi della rivoluzione notte e giorno, per ostacolarne l'attività d'organizzazione. Paul Levi fu arrestato in gennaio da questa centrale spionistica. Dai rapporti del gruppo sappiamo che il 13 gennaio la spia Kunberg aveva compiuto nella Augsburger Strasse una missione che in qualche modo riguardava Liebknecht. Lo stesso giorno una sedicente "signora Ernst" (il nome di copertura di un'altra spia) fece un rapporto sul numero civico 75 della Bismarckstrasse nel sobborgo di Steglitz, l'edificio dove abitava Liebknecht. Il 15 gennaio, il giorno dell'assassinio, il diario del "Servizio di consulenza" registrava: "La signora Ernst, Mannheimer Strasse 53, alle tre verrà arrestata pro forma per guadagnare la fiducia della famiglia."

In un appartamento di Mannheimer Strasse furono arrestati quel giorno Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Bastano queste poche testimonianze, tra tante altre disponibili, a dimostrare che la sezione 14 del "Servizio di consulenza del Partito socialdemocratico" dava la caccia a Karl e Rosa e forse li avrebbe catturati, se all'ultimo non fosse stata battuta dalla "concorrenza". Non è tutto. Anche al reggimento Reichstag, che era agli ordini dei dirigenti maggioritari Baumeister e Kuttner, era stata promessa una ricompensa per la cattura dei due capi rivoluzionari. Su questo episodio sono emersi particolari scottanti durante il processo contro Prinz, che nel dicembre 1918 aveva sventato l'arresto di Liebknecht da parte di von Tyszka. Prinz, un tipo piuttosto equivoco, aveva dichiarato di essere a conoscenza di un ordine firmato da Scheidemann e Georg Sklarz per assassinare Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Sklarz, un altro Barmat, uno degli amici capitalisti dei dirigenti della socialdemocrazia, lo querelò per diramazione. Ecco alcune delle dichiarazioni registrate agli atti del processo:

Von Tyszka dichiara quanto segue: Il comandante del secondo reggimento della guardia ha offerto ufficialmente una ricompensa di diecimila marchi e un passaporto per l'Olanda a chi avesse ucciso Karl Liebknecht. Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre sono stato incaricato da un mio superiore di arrestare e fucilare Liebknecht e Rosa Luxemburg. Quando arrivammo alla tipografia, Liebknecht telefonò alla questura. Giunse allora Prinz, capo del servizio di sicurezza, che con i suoi uomini lo prese in custodia. Dopo il mancato arresto, Wels mi mandò in licenza, consegnandomi cinquemila marchi. Più tardi mi fu recapitato dall'ufficiale giudiziario Sachsenberg un biglietto del genero di Scheidemann che interpretai come un implicito ordine di assassinio. Il commerciante di vino Borchert mise a mia disposizione la sua auto e mi regalò alcune casse di bottiglie di vino, chiedendomi se la banda non era ancora stata fatta fuori.
Teste Gòrgen (responsabile dell'arresto di Ledebour e Meyer): Il reparto presso il Kronprinzenpalais, aveva la denominazione ufficiale di "Servizio informativo del comando di piazza di Berlino". Anche se non ufficialmente, ai suoi componenti non si faceva che ripetere: "Dovete catturare i dirigenti rivoluzionari. Come, è affar vostro." Il reparto fu chiamato più volte a intervenire per reprimere gli spartachisti e diversi erano gli uffici che si occupavano della questione. Il "Servizio informativo" era stato fondato dai magnati della finanza e aveva l'ordine di non fermarsi davanti a nulla. Per precauzione, le disposizioni non venivano mai date per iscritto. Fischer aveva accompagnato l'ordine verbale con la promessa di una ricompensa. Tutte le persone che in quel momento avevano qualche ruolo di rilievo nella rivoluzione dovevano essere arrestate e poste in condizione di non nuocere.
Sollecitato ulteriormente, il teste ha dichiarato che il sottotenente Fischer aveva promesso centomila marchi per la arte di Liebknecht.
Hermann Sonnenfeld: All'inizio di gennaio conobbi presso il reggimento Reichstag il genero di Scheidemann, Fritz Henck. Egli mi riferì che Scheidemann e Sklarz avevano stanziato centomila marchi per eliminare Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg.
Ernst Sonnenfeld, tesoriere del reggimento Reichstag finanziato da Sklarz, dichiara: Nel gennaio 1919, Henck mi autorizzò verbalmente a pagare cinquantamila marchi a chi poteva dimostrare di aver partecipato all'assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Alquanto perplesso per questo ordine, mi recai nell'ufficio di Georg Sklarz per farmelo confermare. Sklarz mi invitò a lasciarlo solo un momento perché doveva fare una telefonata. Quando rientrai mi disse: "L'ordine è confermato."
Otto Wels: Ai miei rimproveri per l'arresto di Liebknecht, von Tyszka replicò di avere eseguito degli ordini. Pensai che von Tyszka fosse impazzito. La commissione parlamentare d'inchiesta lo riteneva un bugiardo patentato e non diede rilievo alle sue dichiarazioni. [Il pubblico ministero verificò che questo non risultava affatto dal verbale della commissione, n.d.A.].
Sottotenente Fischer: Il denaro per l'automobile e le spese - qualche centinaio di marchi ogni due o tre giorni - veniva consegnato personalmente a von Tyszka. Agli uomini del "Servizio informativo" era stato ordinato: "Dovete catturare quelle persone."
Pubblico ministero dottor Rò bell: Vi è stato anche detto: "Come, è affar vostro"?
Fischer: Posso rispondere affermativamente. Il console Leon Simon disponeva per il comando di piazza del denaro messo a disposizione dal Consiglio cittadino. Avevamo ordine di arrestare i caporioni e, in caso di resistenza, di ricorrere alle armi.
Dottor Paul Levi: Quando arrivai con Rosa Luxemburg alla tipografia [ci si riferisce all'episodio del dicembre 1918, n.d.A.], l'edificio era presidiato da alcuni soldati. Dopo circa dieci minuti, Prinz arrivò con fare prepotente accompagnato dal suo segretario. Più tardi ho avuto modo di osservare che Prinz discuteva con von Tyszka, a proposito di un certo ordine. Se ricordo bene ho visto nelle loro mani un foglio bianco. Prinz ha poi sospeso l'arresto e fatto riportare Liebknecht e la signora Luxemburg nelle loro abitazioni.
Il teste conferma, su domanda di Prinz che Liebknecht alla tipografia parlò della possibilità essere ucciso.
Sono convinto che Prinz abbia eseguito un ordine. Per intervenire a favore di Liebknecht ha ubbidito a un ordine. Ho saputo in seguito che von Tyszka, durante l'occupazione della tipografia, chiese rinforzi a un comando militare e l'ottenne. Mi torna alla mente che poco dopo questo episodio Prinz mi riferì che il comando di piazza lo aveva smentito di fronte a von Tyszka. Sono convinto che questo sia stato il preludio della morte dei due rivoluzionari.
Soldato Seidl: Nel reggimento si era parlato dei centomila marchi stanziati.
Signorina Krò ger, dattilografa del reggimento Reichstag: Confermo che nel reggimento circolava la voce del denaro promesso come ricompensa. Henck, il genero di Scheidemann, ne aveva parlato con molte persone.
Sukow: Da gennaio von Tyszka ha collaborato per circa quattro settimane con il "Servizio informativo" e ogni due giorni circa riceveva qualche centinaio di marchi.
Fellechner, del "Servizio informativo" del comando di piazza: Confermo che in quei giorni circolava la voce di una ricompensa promessa da Scheidemann per l'uccisione di Liebknecht. Alla fine di dicembre avevo parlato a Scheidemann di queste voci. Il capitano Marx, del comando di piazza, aveva incaricato von Tvszka di arrestare Liebknecht.
Hesel, del reggimento Reichstag, capo della sezione 14: Ero molto occupato con la Cancelleria, dovevo firmare tutti gli ordini e le disposizioni insieme a Henck, il genero di Scheidemann, e a Baumeister. Esisteva un ordine di uccidere Liebknecht e anche la promessa di una ricompensa. Ma non c'era nulla di scritto. Era stato detto: "Chi catturerà Liebknecht e Rosa Luxemburg, vivi o morti, riceverà centomila marchi." Il denaro era a disposizione presso il reggimento. Firmando potevo ottenere tutto il denaro di cui avevo bisogno. Allora Sonnenfeld era tesoriere e uomo di fiducia di Sklarz. Aveva l'incarico di versare la ricompensa. Altri centomila marchi erano stati stanziati dall'hotel Eden. Questo accadde tra il 6 e il 14 gennaio; la cosa era nota già dal mese di dicembre. Henck ha semplicemente confermato che erano stati stanziati centomila marchi. Sonnenfeld aveva l'ordine formale di versare cinquantamila marchi per l'uccisione di Liebknecht e di Rosa Luxemburg.
Ufficiale Krasnik, del reggimento Reichstag: Henck, il genero di Scheidemann, aveva dichiarato in mia presenza che erano stati stanziati centomila marchi per l'assassinio di Liebknecht. Quando un ufficiale si rivolse a Henck, costui rispose: "D'accordo, rivolgetevi a Sklarz!" In base a questi ordini non ufficiali, ho incaricato i miei uomini di arrestare Liebknecht e di portarlo al reggimento.
Fritz Henck, genero di Scheidemann: Sono a conoscenza della ricompensa solo per sentito dire. Naturalmente ho preso parte ai colloqui sopra menzionati, ma non ho mai dichiarato che Scheidemann avesse promesso la ricompensa.

Il tribunale condannò Prinz a sei mesi di reclusione per falso in atto pubblico. I giudici dichiararono che Prinz non aveva accusato Scheidemann in malafede. Il diniego del genero di Scheidemann fu smentito da molti altri testimoni. Oltre a queste dichiarazioni, che già tolgono ogni dubbio, disponiamo di un altro documento. Si tratta del giornale Volkswehr, organo del corpo ausiliario dei volontari di Berlino, diretto da Fritz Henck del reggimento Reichstag.

Nel numero 1 del 14 gennaio 1919, sotto il titolo "Severe misure da parte del governo", il giornale scriveva:

Berlino, 13 gennaio. È diffuso il timore che il governo si dimostri arrendevole nella lotta contro gli spartachisti. Fonti autorevoli assicurano però che il governo non si accontenterà dei risultati finora conseguiti e procederà con energia contro i capi del movimento. La popolazione di Berlino non deve pensare che coloro i quali sono temporaneamente sfuggiti alla caccia possano vivere tranquillamente altrove. Già nei prossimi giorni sarà chiaro a tutti che ci stiamo occupando seriamente di loro.

Ci siamo riproposti di riferire i fatti nudi e crudi, ma permetteteci un'osservazione: non vedete, dietro queste parole, sogghignare la belva che pregusta le sue vittime? E intanto, il Vorw¬ rts piagnucola e addita con questi versi gli spartachisti:

Centomila morti in fila.
Proletari!
Karl, Rosa, Radek e compagnia,
nessuno è tra quelli, nessuno è tra quelli!
Proletari!

Per demoralizzare gli operai in lotta, il Vorw¬ rts non trascurò di servirsi delle più grossolane menzogne, compresa quella che i dirigenti della Lega Spartaco li avessero abbandonati e si fossero messi in salvo. Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht e tutti i dirigenti spartachisti - e, bisogna rendergli onore, Eichhorn - rimasero ai loro posti, compiendo fino in fondo il loro dovere, senza risparmiarsi. Eugen Leviné, per esempio, sfuggì alla sorte dei compagni Fernbach e MØ ller solo per caso, perché dopo una riunione, rientrando al Vorw¬ rts, lo trovò già circondato dalle guardie bianche. Karl Liebknecht in quei giorni partecipava a continue riunioni e manifestazioni al fianco dei combattenti, senza risparmiarsi e sprezzante del pericolo. Ed era spesso in grave pericolo. Gliene diede atto anche il T¬ gliche Rundschau, la voce dei grandi capitalisti, riferendo un episodio accaduto in quei giorni nel quartiere dei ministeri. Liebknecht transitava in carrozza, con altri, per la Wilhelmstrasse quando qualcuno lo riconobbe. La carrozza fu fermata, Liebknecht circondato e minacciato. "La vita di Liebknecht era appesa a un filo", scrive il quotidiano, se non fosse accorsa una folla di operai, armati e disarmati, per liberare il suo capo. E Liebknecht? Durante il tafferuglio, a poca distanza dalla porta di Brandeburgo, ebbe "l'audacia" - scrive ancora il giornale borghese - di tenere un discorso agli "operai armati" al cospetto delle truppe governative, "quasi inermi", che attendevano rinforzi per intervenire.

In quella settimana Rosa Luxemburg continuò coraggiosamente a lottare contro mille difficoltà per pubblicare a ogni costo la Rote Fabne, il giornale degli operai in lotta. La sede del giornale si trovava nella Friedrichstrasse, nell'epicentro degli scontri e fu più volte assalita. Nonostante ciò, essa lasciava la redazione solo per le riunioni o per prendere un po' di riposo. Dopo l'assalto al Vorw¬ rts, la sede della redazione fu trasferita in un luogo più sicuro, ma Hugo Eberlein, appena sfuggito agli sbirri, trovò Rosa Luxemburg tra gli operai presso la Belle Alliance Platz e riuscì a stento a convincerla di sfuggire a coloro che le davano la caccia. Rosa e Karl si nascosero dapprima a NeukØ lln, dove rimasero due giorni, finché l'andirivieni dei compagni che venivano a consultarsi con loro attirò l'attenzione dei vicini. I due rivoluzionari si rifugiarono allora a Wilmersdor fa presso la famiglia Marcussohn, con la quale erano in rapporti di amicizia. Qui scrissero i loro ultimi articoli per la Rote Fahne. Rosa Luxemburg una violenta accusa dal titolo "L'ordine regna a Berlino" e Karl Liebknecht la promessa solenne della Lega Spartaco "Nonostante tutto!", nella quale riaffermava la sua determinazione di combattere fino alla vittoria. Qui, insieme a Wilhelm Pieck, furono arrestati dalla milizia civica di Wilmersdorf e consegnati ai loro assassini dell'hotel Eden. Era il pomeriggio del 15 gennaio 1919.

Ancora prima che i prigionieri giungessero all'hotel Eden, dove era installato il quartier generale della divisione dei fucilieri a cavallo della guardia, gli ufficiali avevano deciso di assassinare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht e avevano già fatto tutti i preparativi. Verso le undici di sera Karl Liebknecht venne fatto uscire dalla porta secondaria dell'albergo, fu colpito alla nuca davanti all'ingresso con il calcio di un fucile e caricato su un'auto che lo trasportò nel Tiergarten. Erano presenti il tenente di vascello Horst von Pflugk-Harttung, il capitano Heinz von Pflugk-Harttung, il tenente von Rittgen, i sottotenenti Liepmann, von Stiege, Schulz e J¬ ger Clemens Friedrich. Pare che l'automobile abbia avuto un guasto vicino al Neuer See, un laghetto del Tiergarten. Liebknecht, morente, fu scaricato dalla vettura, trascinato per qualche metro lungo un vialetto laterale e finito. Il primo colpo gli fu sparato dal tenente di vascello von Pflugk-Harttung. I suoi assassini si disfecero del cadavere lasciandolo a una Rettungsstation [posto di pronto soccorso], dichiarando che era quello di uno sconosciuto trovato per strada.

Poco dopo anche Rosa Luxemburg fu fatta uscire dall'albergo e consegnata dal tenente Vogel allo J¬ ger Runge che la colpì con il calcio del fucile appena fuori dall'ingresso, facendole perdere i sensi. Rosa fu caricata su un'auto e alcune persone si sedettero accanto a lei. Una di esse la colpì nuovamente al capo con un oggetto contundente, forse una pistola. Poco dopo, era ormai moribonda, il tenente Vogel la finì con un colpo d'arma da fuoco alla testa. Il suo cadavere fu gettato dal ponte Lichtenstein nel canale Landwehr e fu ritrovato soltanto alla fine di maggio.

Anche allora, non fu consegnato alla giustizia come impone la procedura giudiziaria; Noske, d'accordo con il ministro della Giustizia Landsberg, ordinò infatti di portare la povera spoglia a Zossen, evidentemente per stendere un velo di silenzio sull'omicidio.

Anche Withelm Pieck doveva essere ucciso. Riuscì però a ingannare il capitano Pabst sulla sua vera identità, fu condotto in prigione e qualche giorno dopo trovò il modo di fuggire.

Il Vorw¬ rts fu l'unico giornale che annunciasse l'arresto di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht già la mattina del 16 gennaio. Naturalmente tacendo della loro uccisione, benché sia stato accertato che la redazione ne era a conoscenza. La notizia fu ripresa lo stesso giorno dai giornali del pomeriggio: "Liebknecht ucciso mentre tenta la fuga. Rosa Luxemburg linciata dalla folla." Il comando della divisione dei fucilieri a cavallo della guardia - quello degli esecutori materiali dei due omicidi - diffuse un comunicato pieno di falsità per imbrogliare le tracce del delitto e liberare da ogni responsabilità gli aristocratici assassini e i loro complici. Tutta la stampa borghese e socialdemocratica avallò questa sanguinaria menzogna, dando la stura a un viluppo di bugie, manovre di depistaggio e violazioni della legge che fornirono la trama per una serie di vergognose commedie interpretate dalla magistratura. Questi ignobili tentativi fallirono grazie all'instancabile opera di Leo Jogiches che, in collaborazione con una commissione d'indagine voluta dal consiglio centrale e dal consiglio esecutivo di Berlino, portò a galla ogni dettaglio di questo crimine efferato. La ricostruzione che ne fece la Rote Fahne, quando poté riprendere le pubblicazioni, venne più tardi confermata dallo J¬ ger Runge, l'aiutante boia della masnada degli ufficiali, le cui confessioni furono verbalizzate in prigione il 6 gennaio 1920. Un anno e mezzo più tardi il Vorw¬ rts pubblicò il verbale delle dichiarazioni di Runge, dichiarazioni anche più dettagliate della prima confessione.




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