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K. Marx, Introduzione del 1857

NOTE

- D’altronde, anche il francese J-M. Vincent sostiene che "la scienza sviluppata da Marx è una scienza della rottura, particolarmente della rottura col metodologismo, che pretende dominare il mondo dell’empiria, attraverso un formalismo razionalistico, dalle risonanze tecnologiche." (J-M. Vincent, Fétichisme et société: 21). Accantonando ogni ironia, ricordo che, secondo L. Colletti, quello di Marx "non è un metodo formalistico, preliminare ai contenuti, ma un metodo che si svolge implicando e articolando dei contenuti storici concreti..." ( cf., A.A.V.V., Marxismo e filosofia in Italia (1958-71), a cura di Cassano: 101s). [Ritorna al testo -->]

- L’atteggiamento fondamentale di Hegel è ben caratterizzato da Cassirer: "Come Hegel scrive nel primo capitolo delle Lezioni sulla filosofia della storia, la ragione è sostanza non meno che potenza infinita; la sua infinita materia, e al tempo stesso la sua infinita forma, sottendono ogni vita naturale e spirituale. Un’espressione assai notevole e caratteristica di questo atteggiamento la troviamo nelle parole che Hegel pronunciò quando, dopo una lunga interruzione della sua carriera accademica, tornò all’insegnamento della filosofia ad Heidelberg. <Prima condizione della filosofia -dichiarò in quell’occasione- è possedere il coraggio della verità, la fede nella potenza dello spirito. L’uomo, che è spirito, può e deve ritenersi degno delle cose più elevate, deve avere la più completa fiducia nella grandezza e potenza del suo spirito; con questa fiducia niente vi sarà di così refrattario e resistente da non svelare il suo intimo. L’essenza dell’universo, in un primo tempo celata e chiusa, non ha forza di resistere al coraggio che vuol conoscerla: deve schiuderglisi dinanzi agli occhi, e mostragli e fargli godere la sua ricchezza e profondità>." (Cassirer, Simbolo, mito e cultura: 136s). [Ritorna al testo -->]

- Un altro esempio di tautologia, usata a scopi apologetici, lo troviamo in J. Locke, il quale sancisce logicamente la proprietà privata borghese, partendo dalla tautologica premessa maggiore: "Dove non c’è proprietà non c’è giustizia". (J.W. Yolton, John Locke: 56). [Ritorna al testo -->]

- Che quanto sopra sia con sicurezza riconducibile ad Hegel lo mostra, ad es., il confronto con il §.2 delle hegeliane Vorlesungen über Naturrecht Und Staatswissenschaft. [Ritorna al testo -->]

- Su questo, cf. S. Garroni, Dialettica e differenza: 187ss. [Ritorna al testo -->]

L. Feuerbach, Scritti filosofici: 66s. [Ritorna al testo -->]

- "... Engels ritiene, nella sua discussione del metodo... in pieno accordo ... con il ragionamento ... di Karl Marx come ... <il modo logico di trattare ... (fosse) il solo adatto (e che questo metodo) non è però altro che il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbatori." (M. Adler, Causalità e teleologia nella disputa sulla scienza: 118).

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- L. Feuerbach, Kleine philosophische Schriften: 64. [Ritorna al testo -->]

- bestimmen = dal greco m e t a b a l l e i n , dunque, indica l’azione del muovere plasmando.

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- Considerando le osservazioni che -qui, ma anche in altre pagine- Marx fa a proposito della robinsonata, possiamo giungere a tale conclusione. La robinsonata è un costrutto propriamente ideologico (cf. S. Garroni, Tracciati dialettici: 25), basato sul proiettare all’indietro, all’<origine>, una condizione, che è desiderata. invece, per il presente; lo scopo è, evidentemente, di legittimare così quella condizione, spacciandola per naturale. La robinsonata, tuttavia, ‘maschera’ questa sua funzione ideologica, assumendo le vesti dell’esempio e del modello epistemologicamente utile. Sotto quest’ultimo aspetto, la robinsonata si combina con la più usuale concezione dell’ astrazione, nel senso che essa pretende indicare una condizione essenziale, perché stabile, in quanto prescinde da quelle determinazioni, che differenziano un periodo storico dall’altro, un tipo di società da un altro; addirittura -come risulta da K. Marx, Resultate des unmittelbaren Produktionsprozesses: 48- la robinsonata finge la relazione economica come se implicasse, solo, il rapporto dell’uomo alla natura e non, anche, quello dell’uomo all’altro uomo, alla società. Una variante della robinsonata Marx la trova in Proudhon, il quale "fa della società una società/persona, una società che in nessun modo è la società delle persone, poiché ha sue leggi particolari, che nulla hanno in comune con le persone di cui pure è composta; una società che ha un <suo proprio intelletto>, il quale non è l’intelletto dell’uomo comune, ma sì un intelletto, che il comune intelletto umano non ha." (Das Elend der Philosophie: 110). In evidente coerenza con la critica marxiana, Trockij definirà Proudhon "il Robinson Crusue del socialismo". (cf. S.S. Prawer, La biblioteca di Marx: 135s) Dalla robinsonata così riplasmata (non basata, quindi, sul mito della persona isolata, sì piuttosto sulla personificazione della società) deriva la problematica, su cui ancor’oggi antropologi e sociologi si interrogano, di come pensano le istituzioni. Per illustrare la posizione di Marx, così scrive S.S. Prawer, op. cit: 134, " La personificazione della società in un eroe mitologico (Prometeo) che Proudhon ha conosciuto per la prima volta in letteratura ha lo scopo di offuscare la verità più che di rivelarla. Chi vede l’intera società umana nelle vesti di un unico personaggio, sostituisce con un fantasma una realtà frammentata e complessa, sostituisce le cose con le parole. Il mito prende il posto della teoria, e tutta la verità si perde in un profano miscuglio di misticismo e di allegoria.". Un altro interessante accostamento è questo: in quanto retrodata -all’origine- la condizione positivamente valutata e da attuarsi nell’attuale, la robinsonata ha qualcosa che, essenzialmente, la coniuga con quel gusto per l’idilliaco, che Marx rimproverava allo stesso Goethe -su questo, cf. ancora Prawer: 114 e Marx-Engels, Moralismo e politica rivoluzionaria: 115s ma, anche, E. Quinet, La rivoluzione religiosa nel secolo XIX, in particolare le pp. 34s, il cui tono realistico è largamente accostabile al discorso marxiano.

[Ritorna al testo Capitolo 1]

- Per il costante atteggiamento polemico di Marx contro ogni propensione all’idillico, cf.il già cit. Prawer: 130 e 172s. In questa sua polemica, Marx riprende e fa proprio il ‘realismo’, che ispirava Kant -ad es., quando polemizzava contro quei pedagogisti moderni che attribuivano, senz’altro, alla natura umana la tendenza a procedere costantemente dal male al bene (Kant, La religione nei limiti della ragione: 70); ma che ispirava anche Hegel, quando, ad es., caratterizzava come "rozzezza" il cosiddetto ‘stato di natura’ (Grundlinien der Philosophie des Rechts: 339 ed Enzyklopädie, §. 529). Ma l’atteggiamento di Marx -e di Engels- verso lo ‘stato di natura’ presenta anche un altro aspetto fondamentale: potremmo dire che quel motivo viene dai due autori ritematizzato, sia nel senso di sottolineare come la storia inizi su un presupposto ‘naturale’ (Die deutsche Ideologie: 28ss); sia nel senso di procedere ad una conoscenza in dettaglio delle due dimensioni, che -nella tradizione illuministica- definivano proprio lo ‘stato di natura’: quella economica e quella sessuale (per quest’ultima, si pensi ovviamente a Der Usprung der Familie, des Privateigentums und fes Staats). [Ritorna al testo Capitolo 1]

- Hegel giunse -leggiamo in G. Lukàcs, Prolegomeni ad un’estetica marxista: 49- "all’interessante tesi secondo cui ciò che di volta in volta sorge come nuovo nella storia deve necessariamente dapprima ricevere una forma semplice, astrattamente universale. Solo a poco a poco, con il consolidarsi della vittoria, i tratti concretamente particolari vengono alla luce del giorno, solo nel suo corso tale processo si sviluppa come totalità realmente concreta, con una dialettica multilater