Nota redazionale di Rotta Comunista: Questa nota di K. Rakovsky, di cui non conosciamo alcuna altra parte, è stata da noi tradotta dall'inglese fornendo ai compagni un documento altrimenti inedito nella nostra lingua, se ne comprenderanno quindi facilmente alcune "durezze" nel testo la cui lettera è comunque rispettata.
Lo scritto appartiene ad un periodo in cui l'opposizione trotzkysta ha ancora, e nonostante tutto, un atteggiamento "riformista" nei confronti dello stalinismo, la cui reale portata controrivoluzionaria non riesce a comprendere neanche a partita ampiamente persa. In ogni caso questa nota rileva anche e bene l'inconsistenza statistica delle cifre del "piano", del grande «successo» sbandierato ai quattro venti dallo stalinume imperante, in fortuita quanto felice corrispondenza con il nascente statalismo finanziario-imperialistico statunitense (New Deal).



Kristian Rakovsky
Il Piano quinquennale in crisi
(Prima parte)

Note preliminari

Il presente articolo è un tentativo di illustrare, attraverso l'uso di materiale concreto, affermazioni che solo alcuni mesi fa avevano spaventato più d'uno ma che oggi, sotto l'impatto del rapido svolgersi degli eventi, sono diventate indiscutibili verità. Un altro tentativo è quello di fornire un'analisi certa, su cui fare assegnamento per promuovere una modesta comprensione dell'essenza dei processi in atto nel paese. Tutto quello che c'era da dire «in generale» su questa questione è stato già detto. C'è voluto molto tempo per staccarsi da questi argomenti generali, ripetizioni del fatto che il centrismo conduce al Termidoro e delle dispute sulle probabilità che il Termidoro sia inevitabile, e per analizzare, invece, concretamente con quali mezzi l'attuale politica stia rendendo possibile il trionfo del Termidoro.
Questo studio concreto richiede più lavoro, maggiore riflessione e più grande assiduità di quanto ne richieda la discussione politica sui temi generali e sulle infinite ripetizioni (con differenti variazioni) di luoghi comuni. Ma è solo attraverso un tale studio che possiamo avanzare verso una maggiore comprensione di cosa stia accadendo nel paese. Io, più di ogni altro, sono consapevole dei punti deboli del mio lavoro. Non ho intenzione di parlare più a lungo del fatto che in nessun modo possiamo disporre dei materiali che sarebbero necessari per questo tipo di impegno. Anche con i materiali a disposizione questo lavoro va oltre le capacità di una singola persona.
So che non tutto sarà sufficientemente convincente e che se ne discuterà a lungo sia per i miei errori che per la necessità di scavalcare totalmente molti problemi, o, poiché richiedono uno studio particolare, di limitarmi semplicemente a poche osservazioni; ciò anche a causa del fatto che ho spesso dovuto occuparmi solo dell'aspetto economico di queste questioni. Tanto meno vorrei sostenere di aver interamente esaurito il problema di fare un'analisi concreta o di aver superato tutte le difficoltà che una tale analisi implica.
Il mio compito primario, per come lo vedo, è spiegare concretamente una serie di problemi a me stesso (e, spererei, anche agli altri), e stimolare i compagni a volgere i loro sforzi nella stessa direzione.


Brevemente sul Sedicesimo Congresso

Sul Congresso stesso non c'è molto da dire. Il compito che questo si è posto è adempiuto al 100%. Il Congresso, è vero, non solo non ha risolto, ma non si è neanche posto uno solo dei problemi che il paese e la rivoluzione stanno affrontando. Neanche in via ipotetica.
Il compito del Sedicesimo Congresso è stato quello di usare la sua autorità per sostenere le "conquiste" organizzative della frazione di Stalin, per consolidare l'apparato sul Partito, il gruppo di Stalin sull'apparato e Stalin stesso come capo riconosciuto che incorona l'intero vertice dell'apparato confortevolmente sistemato attorno al vertice del Partito. Perciò, l'enorme abisso, l'aprirsi della forbice fra ciò che accadeva al Congresso e ciò che stava avvenendo nel paese. I compiti del meccanismo organizzativo spinsero da parte i compiti politici.
Con tale meccanismo organizzativo come suo punto di partenza, Stalin non poteva porre neanche uno dei problemi che la rivoluzione sta attualmente fronteggiando. Provenendo da questo stesso meccanismo organizzativo, la Destra non osò porre questi problemi.
Il Congresso finse di non vedere la vita, questa è la prima conclusione, la prima sensazione sperimentata da chiunque legga le relazioni. Un'altra conclusione è che questo Congresso fu uno dei passi più importanti verso l'ulteriore «bonapartizzazione» del Partito (se ancora possibile).
Non è soltanto il Partito che si ritrova destituito delle decisioni politiche, neanche un Congresso attentamente filtrato e selezionato è considerato affidabile. Il fatto compiuto, l'incondizionata approvazione di una linea generale priva di un qualsiasi carattere concreto può solo significare una cosa: la completa, incondizionata approvazione a priori di ogni politica, di ogni svolta in ogni direzione. E una svolta deve essere fatta da una qualche parte e anche in fretta!
Prevedendo ciò, il gruppo di Stalin pose al Congresso il compito di slegargli le mani da entrambi i partiti e riconoscergli carta bianca.
L'apparato sta guadagnando sempre maggiore libertà d'azione rispetto al Partito. Circa l'Opposizione questa preferì, per la maggior parte, non dire nulla. Yarovslavsky1, di solito così libero nelle sue citazioni, ovviamente non avrebbe potuto produrre un singolo passo persino falsificato, che non rappresentasse un attacco immediato alla politica del centrismo. Per questa ragione l'apparato non osò dare un resoconto, persino con parole sue, dell'appello della direzione dell'Opposizione.
Tutti gli ornamenti esterni armonizzavano completamente con l'ideologia dei procedimenti congressuali. Quando qualche futuro storico scriverà la storia dei costumi dell'epoca della ricostruzione, prenderà il protocollo del Sedicesimo Congresso come suo principale esempio.
Questo quadro selvaggio di burocrati e apparatchiki, sfrenatamente in competizione l'un l'altro nel far tacere a forza di urla e nell'umiliare un oppositore già indifeso e con la schiena al muro, p. es. la Destra, fornisce un simbolo appropriato dell'attuale regime.
Più detestabile ancora il fatto che questa disputa nel comportamento vigliacco verso il già prostrato peccatore, è il prezzo che il burocrate deve pagare per il suo proprio benessere: chi è così innocente da poter garantire che domani anche lui non diventerà una vittima sacrificale della causa della preservazione del prestigio della linea generale?
E' difficile dire chi soffra di più per la perdita della dignità personale, se quelli che di fronte al fischiare e alle disapprovazioni chinano umilmente la testa ed ignorano gli insulti nella speranza di un domani migliore, o gli altri che, sperando altrettanto per un futuro migliore, hanno scelto di lanciare gli insulti, sapendo in anticipo che l'oppositore si arrenderà. Al Quindicesimo Congresso [dicembre 1927] gli apparatchiki erano ancora incapaci di permettersi tanto. Su questo Congresso si sarebbe potuto sentire il respiro della storia, si aveva la sensazione che qualcosa di serio stava accadendo, che il Partito stava sopravvivendo ad una specie di tragedia. Ora hanno provato a fare la stessa cosa con la Destra, ma come sempre accade, la seconda volta è una farsa banale. Prevedendo le possibili conseguenze della lotta dei centristi2 contro la Destra, L.D. [Trotsky] scrisse: «Sebbene praticamente questa (la lotta contro la Destra – K.R.) possa significare che il Partito si sbarazzi degli elementi più schietti dell'Ustryalovismo3 e ritardi o ponga termine alla scivolata sul pendio della degenerazione, allo stesso tempo significherà una ulteriore disorganizzazione del pensiero del Partito, l'ulteriore svilimento del metodo marxista e in questo modo l'apertura della via a nuovi e anche più pericolosi e molesti periodi nello sviluppo del Partito».
L'adempimento di questo programma, come delineato da L.D., è proceduto in totale e lampante conformità con la legge dello sviluppo ineguale se in rapporto alla prima parte della prognosi il programma è stato eseguito non meglio di quanto l'industria adempia agli indicatori di qualità, e in rapporto alla seconda parte il programma è stato visibilmente superato da un ampio margine.


Nel Paese

Nel frattempo gli eventi nel paese seguono il loro corso. Se il Congresso trova possibile non curarsi della vita reale, allora questa è tanto più giustificata nel by-passare le risoluzioni ufficiali del Congresso. Più si rimane lontani dal Congresso, più si vede in tutta la sua sgradevolezza tutto ciò su cui il centrismo ha accuratamente sorvolato e taciuto e di cui la Destra non ha avuto il coraggio di parlare.
Se il Congresso si è rivelato incapace di fare il bilancio degli ultimi due anni e mezzo di politica centrista (e dell'intera precedente politica del blocco di Destra-Centro), la vita, le classi e il Partito (la cui estensione ancora non conosciamo) invece lo redigeranno. Il principale risultato del bilancio è che la rivoluzione adesso è giunta faccia a faccia con l'imminente, enorme punizione storica, da scontare per i sette anni di politica opportunista.
La politica, non il fato, deciderà se questa punizione si tradurrà in un decisivo passaggio di potere nelle mani di altre classi. Ciò significa, rispettivamente, dire no alle frasi generali o all'escogitare ed ordire schemi generali (anche se alcuni molto di sinistra), ma redigere un concreto, chiaro programma d'azione per ridurre, per quanto possibile, le conseguenze della punizione storica e salvare la dittatura ad ogni costo. Comunque, è impossibile formulare un tale programma senza fare un completo ed assennato calcolo della situazione concreta in cui il paese si trova.
Prima di decidere cosa si deve fare, è necessario avere un'accurata conoscenza della realtà. E prima di formulare un programma concreto, si deve avere una conoscenza reale dei presupposti su cui si ha intenzione di costruirlo.


Industria, quantità e qualità

Non ci può essere discussione che la produzione, in termini quantitativi, sia cresciuta in modo sostanziale nel corso dell'ultimo anno.
Per i primi tre quarti dell'anno corrente4 il valore totale della produzione complessiva della grande industria è giunta a 11.705.700.000 di rubli (a prezzo costante); questo, regge il confronto con una produzione lorda di 9.137.400.000 di rubli dello scorso anno, cioè un incremento del 27,4%
Sebbene il piano sia del 3,7% al di sotto della realizzazione, tale crescita è nondimeno eccezionalmente elevata. Tuttavia peccheremmo di ottimismo se accettassimo questo fatto senza l'analisi dei fattori e dei fenomeni che hanno accompagnato questa crescita degli indicatori quantitativi. Ho già avuto motivo di mettere in evidenza che una crescita degli indicatori quantitativi presi di per sé, è un criterio inadeguato per giudicare non solo il volume dello sviluppo reale delle forze produttive, ma anche se la crescita complessiva si sia verificata davvero.5
Le misure reali dello sviluppo delle forze produttive, e quindi anche della garanzia che gli indicatori quantitativi continueranno a crescere in futuro, sono i tre seguenti fattori:

1) la base su cui questi indicatori quantitativi sono stati conseguiti;
2) il rapporto tra gli indicatori quantitativi e qualitativi, e
3) il tasso d'accumulazione e d'espansione del capitale industriale.

Incrementi quantitativi nella produzione e nel rendimento

L'incremento degli indicatori quantitativi può essere di due tipi fondamentali:

1) la crescita sulla base di un'espansione del capitale fisso, che noi di solito associamo ad un incremento della produttività del lavoro (nel senso in cui Marx usò il termine, vale a dire l'incremento della produzione per persona che si ha quando l'industria giunge ad una fase più alta di sviluppo); e
2) la crescita sulla base del vecchio capitale fisso (perciò anche sulla base della vecchia tecnologia, attraverso una sua più intensa utilizzazione).

Nel secondo caso, l'incremento degli indicatori quantitativi è strettamente legato ad una crescente intensità del lavoro e ad una espansione consistente della forza lavoro.
Nella pratica questi due metodi di solito vanno di pari passo ed allora il punto è determinare il peso relativo di ciascuno di essi. Veramente qui non è possibile un calcolo preciso, almeno non sulla base del materiale di cui dispongo, così dovremo fare uso di un numero di indicatori indiretti che, comunque, secondo me sono sufficienti per dare un'idea generale di cosa stia accadendo.
Non c'è dubbio che l'ultimo anno [vale a dire 1929-30] ha mostrato una certa espansione del capitale fisso industriale, malgrado il fatto che il piano per la costruzione del capitale non fosse stato completato, e la somma accantonata per il deprezzamento fosse inadeguata.
Né c'è dubbio che questa espansione di capitale fisso sia continuata nell'anno corrente e abbia procurato, almeno in qualche grado, una base per l'incremento degli indicatori quantitativi. Comunque, se approcciamo il problema dall'altro lato, è inevitabile la conclusione che i metodi principali per l'incremento degli indicatori quantitativi siano stati quelli della seconda categoria.
Soprattutto vediamo che l'enorme crescita si basa sul vecchio capitale fisso attraverso l'introduzione della produzione continua e dell'incremento del numero dei turni …
Secondo le Cifre di Controllo6, l'incremento nella produzione per lavoratore risultava «essere stata solo marginalmente basata sull'accrescimento dell'intensità del lavoro». Ben diversa la pratica.
Già per i primi sei mesi di questo anno, il numero dei lavoratori è salito del 14,3% sullo stesso periodo dello scorso anno, più di quattro volte l'incremento supposto dal piano. Quanto alla produzione per lavoratore, è aumentata approssimativamente fra il 18 e il 19% durante la prima metà dell'anno, contro una pianificazione del 25,3%.
Potevamo accertare quanto di questo aumento di produzione fosse dovuto alla maggiore applicazione della tecnologia e quanto all'incremento dell'intensità del lavoro, avremmo potuto far luce su quale fosse stata la base per l'aumento degli indicatori quantitativi. Qui comunque, possiamo solo fare una stima molto approssimativa sulla base delle precedenti cifre. Di per sé, l'introduzione della settimana lavorativa continua7 significa un incremento nel tempo di utilizzo dell'attrezzatura di un sesto, o 16,6%.
Siccome durante questi nove mesi [ottobre 1929-giugno 1930] approssimativamente il 50% dei lavoratori, o grosso modo metà dell'industria, sono andati oltre una settimana lavorativa continua, questo incrementato utilizzo del capitale fisso, di per sé pagherebbe un aumento della produzione dell'8 o 9%.
Il numero accresciuto di turni per giornata avrebbe aumentato la produzione di un ulteriore uno o due %. L'aumento del numero dei lavoratori avrà avuto un effetto simile: da quando una parte consistente di tale aumento si è avuta fra i lavoratori ausiliari, c'è stata maggiore opportunità, per i lavoratori specializzati, di far funzionare l'attrezzatura. Infine, se prendiamo in considerazione che il turno della produzione continua significa automaticamente l'eliminazione di un numero di interruzioni del macchinario di precisione, saremo probabilmente molto vicini al vero se diciamo che approssimativamente 15 punti percentuali della maggiore produzione sono dovuti al passaggio alla settimana lavorativa continua, all'incremento del numero dei turni, e all'aumento del numero dei lavoratori – in altre parole, vi siamo giunti a costo dell'incremento dell'intensità di utilizzazione del macchinario8.
Il restante 12% deriva dall'aumento della produttività del lavoro, la maggiore intensità del lavoro, e l'espansione del capitale fisso. Come vedremo in seguito, la parte del leone qui appartiene all'intensificazione del lavoro, che riduce rispettivamente l'influenza degli altri due fattori dell'aumento degli indicatori quantitativi.
Ripeto, questo calcolo – i cui dettagli ho saltato – è estremamente approssimativo; tuttavia è più che adeguato per tirare la nostra prima conclusione fondamentale sulla crescita degli indicatori quantitativi: il fattore decisivo di questa crescita non è stato l'incremento del capitale fisso o l'espansione della base tecnologica dell'industria, ma l'utilizzazione più intensiva del vecchio capitale fisso che proviene da un lato, dall'aumento del numero dei lavoratori, e dall'altro, dalla maggiore intensificazione del lavoro.
Questo metodo di crescita degli indicatori quantitativi crea le condizioni del suo stesso collasso – per non citare il fatto che esso non fa nulla per garantire la crescita quantitativa dell'industria in futuro. E' un metodo che deve fare i conti con i suoi limiti naturali: né la più intensiva utilizzazione del macchinario, né l'intensificazione del lavoro possono proseguire all'infinito. Questo metodo ha ancora senso – sebbene anche qui solo da un punto di vista economico – se applicato nel breve periodo, durante il quale è possibile mettere in cantiere rapidamente una base materiale, che è nuovo capitale fisso9. Il solo fatto che fosse necessario far ricorso a questo metodo e trasformarlo in sistema, è un'eloquente indicazione di quanto siamo in ritardo nel creare questa base materiale.
L'ampiezza della pressione sulla classe operaia, espediente con cui il centrismo spera di superare questo ritardo, in un certo qual modo serve come una misura di questo ritardo – ciò che è assolutamente fondamentale, ciò che lascia il segno sulla situazione corrente è questo: è già stato provato, al di là di ogni dubbio, che sarà impossibile eliminare questo ritardo in breve tempo, sulla base delle risorse interne del paese. Prima di procedere a considerare questo problema, mi occuperò di tre fattori che da diversi lati e in diversi modi attestano il fatto che abbiamo già raggiunto il limite oltre il quale non possiamo aumentare gli indicatori quantitativi sulla loro attuale base.


Il problema della qualità del prodotto

Il primo ed il più importante fattore è la qualità del prodotto. E' sufficiente aprire un qualsiasi numero di un qualsiasi giornale per convincersi che qui i problemi sono veramente catastrofici.
Nessuna misura agitatoria, amministrativa o legale può fermare questo continuo deterioramento della qualità.
I fatti sono così ben conosciuti che posso limitarmi a presentare solo alcuni degli esempi più impressionanti. Sotto diamo i livelli della produzione difettosa [brak] per le seguenti fabbriche e tipi di produzione10:


FabbricaProdotto% brak
Im. Dzerzhinskogocaldaia di ferro32
Im. Dzerzhinskogo & Im. Petrovskogoprodotti semilavorati d'acciaiofino a 40
Verkhene – turinskii--100
Lopaevskiimateriale di copertura (per tetti) in ferro40
Nedezhdinskiiacciaio di qualità30
Im. Martiacciaio32


Questa lista potrebbe essere moltiplicata molte volte. Quindi non ci stiamo occupando di difetti individuali ma della produzione sistematica di prodotti difettosi (brak). Il contenuto di cenere nel carbone è andato improvvisamente aumentando, in qualche caso raggiungendo il 18%. Solo il 20% dei mattoni sopporterà il peso stabilito dalle norme. La situazione nell'industria leggera è molto peggiore, dove l'industria tessile ha fissato il record. Secondo dati frequentemente citati, il brak fra i prodotti «ben fatti» (cioè quelli che sono sfuggiti al controllo di qualità) fa una media del 50% per i diversi trusts [tessili]. Anche la stampa, ha prodotto cifre che mostrano perdite di milioni connesse a questo deterioramento qualitativo. E' caratteristico che quando si giunge al brak, le nuove fabbriche sono già messe male. Lo stabilimento tessile, essendo ora costruito come parte del kombinat del filato misto ha prodotto il 93,8% (!) di brak in Aprile e il 92,37% in Maggio. Secondo i dati del Commissariato del Popolo per l'Ispezione degli Operai e Contadini, il brak nell'industria del cucito è del 30% quest'anno, contro il 10% dello scorso anno. Il brak sulle galoscie è salito al 14%, sulle calzature al 13%. Non c'è, letteralmente, una singola industria in cui la qualità non sia in uno stato miserevole; difficilmente c'è un'industria che non abbia visto continuare il declino nell'anno corrente.
E' chiaro che in tale situazione, dovunque il prodotto attraversi parecchi stadi di produzione, o parecchi rami d'industria, la scarsa qualità in un ramo viene moltiplicata dalla scarsa qualità di tutti gli altri. A quali conclusioni ci conduce quest'analisi sulla qualità?
1) Il peggioramento della qualità del prodotto significa che gli indicatori quantitativi sono più o meno fittizi. Perfino Kuibyshev11 dovette ammetterlo all'incontro del Presidium del Consiglio Supremo dell'Economia Nazionale [VSNKh], dove dichiarò: «le cifre per l'enorme crescita dell'industria, divengono relative se prendiamo in considerazione i cambiamenti qualitativi.» (Ekonomicheskaya zhizn', 22 Maggio [1930]). Za industrializatsiyu lo espresse persino più energicamente quando il 18 Giugno dichiarò: «Le nostre conquiste quantitative non valgono un fico secco». Qui è un esempio concreto preso dalla vita reale (uno delle migliaia) citato da Rafalovsky nello Za industrializatsiyu del 16 Giugno. «Se ottomila trapani a mandrino singolo lavorano con punte a taglio rapido ad una velocità di taglio di 30 mm al minuto e un avanzamento di 0,4 mm per giro, punte di qualità inferiore, la cui velocità di taglio fosse 20 mm al minuto con un avanzamento di 0,28 mm per giro, richiederebbero 17 mila macchine insieme con la manutenzione che richiedono.»
In queste condizioni di cosa beneficia di più l'economia nazionale, di un dato numero di punte di qualità o del doppio di quelle di seconda scelta? Chiaramente della prima, perché in questo caso con la metà delle punte che faremmo girare significherebbe raddoppiare il lavoro compiuto.
Potremmo applicare questo ragionamento a qualsiasi altro prodotto, dai trattori alle galoscie. In un numero di casi il deterioramento qualitativo non solo ha annullato i risultati quantitativi, ma li ha addirittura trasformati in perdite. Perciò leggiamo in un'indagine sul lavoro dell'industria tessile per il primo semestre (Za industrializatsiyu, 20 Aprile): «In molte imprese il piano quantitativo è stato realizzato al costo di un aumento nelle perdite di produzione e nel brak, sia per prodotti finiti che per i semi-lavorati. Gli effetti sono stati di ridurre i risultati quantitativi a zero, provocando perdite sia all'industria tessile che all'intera economia nazionale. Come risultato, per singole classi di prodotti i costi di produzione in larghissima parte non sono stati coperti; tralasciamo se c'è stata accumulazione.» Questa è l'altra faccia dell'alto tasso di crescita nella produzione.
E' impossibile farsi un giudizio sugli indicatori quantitativi senza compararli agli indici di qualità. In assenza di qualsiasi calcolo della qualità della produzione, i suoi indicatori quantitativi saranno una finzione statistica, senza nessuna relazione con l'attuale stato di cose. E' ovvio che gli indici quantitativi possono fornire un quadro che corrisponde alla realtà solo se essi sono corredati da un coefficiente di qualità, e che questo quadro sarebbe fondamentalmente diverso da quello che la stampa ufficiale dipinge nei suoi frivoli articoli.
Purtroppo fino ad ora non ci sono stati questi indici che ci permetterebbero di esprimere il livello della qualità del prodotto, e quindi anche il livello reale della crescita quantitativa.
Questa, dunque, la nostra prima conclusione.
2) Gli indicatori di qualità rivelano non solo quanto siano, al momento, relativi i nostri indicatori quantitativi, ma anche come potrebbero cambiare in futuro. Allo stesso tempo, gli indicatori di qualità forniscono una indiretta misura del grado di intensità del lavoro, poiché i due sono strettamente collegati. L'intensità del lavoro ha ora raggiunto un punto in cui il lavoratore, per produrre la quantità richiestagli, non può aver cura della qualità. Tutti i dati dimostrano il fatto (e ritornerò su questo più tardi) che con la nostra attuale base tecnologica non possiamo spingere più oltre la quantità attraverso l'incremento dell'intensità del lavoro, salvo che al costo di un deterioramento nella qualità.
La bassa qualità della produzione è un segnale che aumentare la quantità per questa via non è più possibile.


La mancanza di operai specializzati

Se la qualità della produzione segnala il limite che si frappone all'aumento dell'intensità del lavoro operaio, il limite per l'incremento dell'utilizzazione dell'attrezzatura è dato dalla quantità del personale specializzato (kadry). Per quanto riguarda il porre un peso maggiore sul vecchio capitale fisso, ci sono ancora ampie riserve da sfruttare attraverso l'incremento del numero dei turni e il prolungamento dell'orario di lavoro. Non è parte del mio compito esporre il problema del personale, ma chi segue il problema deve sapere che non può essere risolto nell'immediato futuro e che perciò le riserve possono essere sfruttate solo in piccola parte attraverso l'incremento del numero dei turni.
Il problema del personale è legato, naturalmente, alla questione della manutenzione delle nuove aziende, ma questo aspetto del problema, qui, non ci riguarda. Ciò che è importante per il nostro scopo è far notare che la scarsità del personale nel momento in cui è impossibile porre ogni ulteriore peso sull'attuale forza lavoro, pone un limite su qualsiasi futuro incremento degli indicatori quantitativi anche da questo lato.


La relazione tra arretratezza industriale e agricoltura

Il terzo fattore giace fuori dei confini dell'industria vera e propria, ma nondimeno è collegato ad essa. Stiamo qui parlando della scarsità delle materie prime agricole per l'industria leggera. A causa di questa penuria il valore della produzione nell'industria leggera cala di quasi il 30% in Maggio e Giugno. In questi due mesi il piano era adempiuto per un po' più del 50%. L'industria del grasso tagliò la produzione del 15,5% in Maggio, e in Giugno giù fino al 38,6% del livello di Maggio, la produzione, in pratica, si era arrestata. L'industria dei generi alimentari tagliò la produzione dal 15,5% in Aprile, del 12,9% in Maggio, e del 23,7% in Giugno. La situazione nell'industria dello zucchero è assolutamente catastrofica, e in Giugno ha di fatto fermato la produzione. Nell'ultimo anno la capacità produttiva dell'industria dello zucchero era utilizzata solo al 42,8%. Anche da queste cifre è ovvio che non stiamo trattando di singole interruzioni in industrie isolate, ma di un'acuta flessione nella produzione, in pratica dell'intera industria leggera, con alcune industrie giunte ad un arresto totale.
Anche se l'industria non fosse completamente responsabile per questo stato di cose, ciò sarebbe ancora un fatto con cui fare i conti. Ma il fatto è che l'industria non è completamente innocente. Stiamo soltanto vedendo l'effetto di qualcosa su cui abbiamo messo in guardia molte volte: il lento sviluppo dell'industria si è trasformato in un fattore fortemente frenante lo sviluppo dell'agricoltura. Uno degli articoli a cui ci siamo riferiti, distingue correttamente le ragioni fondamentali per la scarsità di materie prime agricole. Queste sono:

1) una politica dei prezzi sbagliata,
2) una sbagliata regolazione della fornitura dei prodotti industriali ai produttori di materie prime agricole,
3) l'arretratezza di quelle industrie che producono fertilizzanti (la domanda di fertilizzanti quest'anno è stata soddisfatta solo al 25%), e
4) una grave scarsità di macchinari per la coltivazione di colture tecniche, e la quasi totale assenza di mietitrebbia – grazie alla quale, per la maggioranza delle colture tecniche, il lavoro di sorveglianza dopo la semina e la coltivazione iniziale viene eseguito con primitivi metodi manuali.
Queste sono tutte conseguenze dirette dell'arretratezza dell'industria.
Analizzando il problema degli indicatori quantitativi nel contesto dei fattori sopra citati, arriviamo alle seguenti fondamentali conclusioni:
1) le cifre ufficiali della crescita quantitativa sono una finzione, perché non tengono in alcun conto la qualità della produzione. Se lo facessimo le cifre quantitative diverrebbero relative.
2) Per il grado di crescita quantitativa che c'è realmente stato, i fattori decisivi sono stati il più intensivo impiego della forza lavoro, e la maggiore intensità del lavoro.
3) Con l'utilizzazione di questo metodo di crescita quantitativa – che di per sé crea le condizioni del suo stesso collasso e in nessun modo assicura la crescita quantitativa in futuro – abbiamo chiaramente raggiunto il limite al di là del quale la sua ulteriore applicazione può avere solo conseguenze negative per l'economia nazionale. Questo metodo ha raggiunto il suo limite.
4) Il problema della crescita futura degli indicatori quantitativi, o solo del mantenimento di ciò che è già stato conseguito, dipende direttamente dalla messa in opera di una nuova base tecnico-materiale per l'industria.
Quest'ultimo problema è deciso dal volume dell'accumulazione e dalla portata della costruzione del capitale.

L'accumulazione e le sue fonti: costruzione del capitale

Alla fine dell'ultimo anno, quando la necessità dell'industrializzazione divenne ovvia anche ad un cieco e il suo significato venne infine recepito dopo un enorme ritardo, il centrismo si lanciò a capofitto sul sentiero dei ritmi forzati, sperando con un colpo solo di colmare il divario creato dall'intera precedente politica. I piani che vennero disposti erano veramente grandiosi, nettamente eccedenti i progetti del Piano Quinquennale (pyatiletka).
Il volume totale dell'investimento di capitale per questo anno doveva essere 3423 milioni di rubli, con altri 117 milioni derivati dalla deduzione del 4% dalla costruzione di capitale per altri rami – un totale di 3540 milioni di rubli, in confronto ai 1600 milioni dell'ultimo anno, e 2331 milioni del Progetto di Piano Quinquennale. Queste cifre poi vennero incrementate a 3583 milioni di rubli e fissati, finalmente, a 3923 milioni di rubli dal decreto dei Commissari del Popolo [sovnarkom] del 12 Aprile 1930. Da dove sarebbe venuta questa somma colossale? Rispetto alla somma iniziale, i sei settimi di essa (2980 milioni) dovevano venire dall'interno dell'industria stessa (550 milioni dall'ammortamento e 2430 milioni dai profitti). Il rimanente doveva venire dalla detrazione del 4% dagli altri rami del settore socializzato, dal finanziamento di bilancio, e dai crediti bancari.
Ciò lasciò 221 milioni non coperti, nel Piano Industriale-Finanziario [pramfinplan].
Se noi deduciamo i 550 milioni dell'ammortamento (che non significa nuovo investimento) dalla cifra totale d'investimento di 3540 milioni iscritta dalle Cifre di Controllo, troviamo che ci devono essere 2990 milioni di rubli di nuovi investimenti, di cui 2430 devono venire dai profitti dell'industria stessa.
Per comprendere il significato dell'entità di questi profitti, si deve tener presente che i profitti di questo anno dovrebbero essere più del 220% rispetto allo scorso anno, e fruttare un aggiuntivo 1200 o 1300 milioni di rubli. La quota di profitti nei prezzi (valore) della produzione dovrebbe aumentare dall'11,6% dell'anno scorso al 21% di quest'anno.
Quali dovrebbero essere le fonti di tale enorme aumento assoluto e relativo nel volume dei profitti? La fonte minima dovrebbe essere l'espansione della produzione.
Come indicato dalle Cifre di Controllo, da qualsiasi parte provengano gli extra profitti, da questa direttiva, sarebbero consumati primo, dalla maggiore quota sul totale assunta dalla meno profittevole industria pesante (Gruppo «A»), e in secondo luogo dall'aumento delle esportazioni industriali, che frequentemente mostrano una perdita. In conformità con queste stesse Cifre di Controllo (p. 100), la principale fonte di questa enorme accumulazione di profitti dovrebbe essere una riduzione dei costi di produzione dell'11% proiettata come una media per l'intera industria.
Al volume di produzione proiettato, ogni riduzione percentuale dei costi di produzione renderebbe approssimativamente 130 milioni di rubli, così che l'intero calo nei costi di produzione darebbe approssimativamente 1400 milioni di rubli o una somma eccedente la crescita pianificata dei profitti. L'altro lato di questa riduzione dei costi di produzione è l'aumento pianificato della produzione per operaio del 25% confrontata al 15-16% nel 1928-29.
Di seguito analizzo quali dovrebbero essere le fonti per l'abbassamento dei costi di produzione e l'aumento della produzione, e cosa realmente accade nella pratica.
In base ai dati disponibili, la riduzione dei costi di produzione in otto mesi [Ottobre 1929 – Maggio 1930] era solo del 6,4% (7,1% per il Gruppo «A» e 5,8% nel Gruppo «B»), vale a dire, un po' più della metà della riduzione pianificata dell'11,5% (Za industrializatsiyu, 18 Giugno).
Nei primi sei mesi [Ottobre 1929 – Marzo 1930] la produzione per operaio era del 18% più alta dello stesso periodo dello scorso anno (dati più recenti non sono disponibili). Sia il grado di adempimento del piano (in termini assoluti) per questi due indicatori, che il loro rapporto, ci pongono faccia a faccia con un numero di problemi:

1) quanto possiamo considerare reali questi dati ufficiali;
2) perché il piano non fu adempiuto, e
3) quali erano le fonti per il conseguimento dei risultati effettivamente ottenuti?

La riduzione dei Costi di produzione e Qualità del prodotto

E' sufficiente soltanto porre la prima domanda per rispondere. La misurazione dei cambiamenti nei costi di produzione ha senso solo se si rapportano prodotti di identica qualità.
Comunque, se la riduzione dei costi di produzione si verifica mentre la qualità sta peggiorando, si può decidere se i costi sono scesi realmente solo confrontando la loro riduzione con il grado di deterioramento qualitativo. Se, lasciatemi dire, un paio di galoscie oggi durano 11 mesi invece di 12, ci sarà stato un peggioramento di qualità di un po' più dell'8% (1/12). Se, nello stesso tempo i costi di produzione sono scesi formalmente dell'8%, non ci sarebbe stato, in effetti, nessun risparmio reale. Finora chi può mettere in dubbio che la percentuale di deterioramento qualitativo (se solo si potesse misurare) non è stata affatto minore della riduzione dei costi di produzione?12
Questo significa che, per il futuro, la flessione dei costi di produzione è perfino più irreale della crescita degli indici quantitativi.
Significa questo che i costi di produzione non siano diminuiti affatto? Dal punto di vista dell'economia nazionale, non sono affatto diminuiti. Qui abbiamo uno dei grandi paradossi, o più esattamente una delle più grandi stupidità dei metodi di industrializzazione del centrismo: tutti i fattori che concorrono ad abbassare i costi di produzione – prima di tutto l'intensificazione del lavoro – sono «a disposizione», eppure nella contabilità finale non danno nessun risparmio all'economia nazionale.
Si può produrre qualunque cifra si desideri, ma questo non incrementerà l'ammontare dei valori reali. Una rotaia è una rotaia, e se, lasciatemi dire, il suo costo formale di produzione scende di parecchi punti percentuali, questo non significa che l'economia ha beneficiato di questo stesso ammontare. Il fatto che questa rotaia apparentemente assomigli ad una rotaia ante-guerra, non inganna nessuno, né elimina il fatto che la nostra rotaia contemporanea non duri neanche cinque anni, mentre una rotaia ante-guerra ne durava cinquanta. E questo sta accadendo non solo con le rotaie. Tutte le fabbriche sono state erette con materiali di costruzione non difettosi ma equipaggiate con macchine fatte con metallo difettoso. La riduzione odierna dei costi di produzione si trasformerà nelle perdite colossali di domani (e domani è già arrivato) per l'economia nazionale.
Tutto ciò mostra inesorabilmente il fatto che c'è qualcosa di sbagliato proprio nei metodi di abbassamento dei costi di produzione.


L'incremento dell'intensità del lavoro

Le Cifre di Controllo diedero un abbozzo approssimativo delle fonti dalle quali doveva venire la riduzione dei costi di produzione. In un articolo nel Ne planovom fronte (n. 9-10), Buretsky elenca le stesse fonti da cui sono state nominalmente conseguite. Le enumera nella seguente tabella13

FontiRiduzione pianificata
dei costi di produzione %
Riduzione conseguita
dei costi di produzione
(6 mesi)
1) Norme tecniche per l'utilizzazione di materie prime2,61,9
2) Forza del lavoro (produttività di lavoro & salari)3,71,6
3) Crescita del volume fisico della produzione3,22,3
4) Prezzi: a) per materie prime & forniture industriali1,20,8
                b) per materie prime agricole0,30,4
Totale11,07,0

Un'occhiata alla tabella ci dice che qualcosa è sbagliato nel calcolo.
Supponiamo che le voci 1, 3 e 4 siano calcolate correttamente, e consideriamo la voce 2. Sembrerebbe che i salari e l'incremento nella produzione derivanti dalla maggiore intensità e produttività del lavoro (nel significato che Marx dà alla parola) abbiano dato una riduzione totale dei costi di produzione dell'1,6%, in altre parole, c'è stato un risparmio di circa 200 milioni di rubli. Sappiamo anche che nella prima metà dell’anno il piano per i salari nominali non fu adempiuto per il 3%, che di per sé produce un «risparmio» di quasi lo stesso importo: 200 milioni. Alcuni autori hanno indicato questo «risparmio» come il solo sviluppo positivo del primo semestre.
L'intensità del lavoro è responsabile per circa l'1% (o poco più) della riduzione dei costi di produzione, in altre parole, la maggiore intensità del lavoro procura un risparmio annuale tra 130 e 150 milioni di rubli, o da 65 a 75 milioni di rubli a semestre. Ciò, naturalmente, suscita diverse domande.
E' valsa la pena lanciare tale furiosa campagna d'agitazione, è valsa la pena dichiarare la competizione e il lavoro d'assalto [udarnichestvo] i pilastri fondamentali dell'industrializzazione per i miseri 75, 150 o anche 200 milioni di rubli su un bilancio di 13 miliardi, e un investimento industriale di quattro miliardi? Per amore di una tale somma relativamente misera, è valsa la pena ingaggiare una battaglia campale con la classe operaia? In secondo luogo, è possibile che tutta questa sfrenata persecuzione della classe operaia (che va sotto il nome di lotta per il piano industriale-finanziario), tutta la rabbiosa pressione su di essa, e tutte le misure draconiane prese contro di essa, possano aver prodotto risultati così insignificanti?
Le risposte a queste domande differiranno, dipendendo dal punto di vista in cui le si affrontano. Se si adotta la prospettiva dell'economia nazionale, allora, come abbiamo già visto, questi risultati insignificanti non sono neanche percepiti. Se guardiamo dal punto di vista dei lavoratori, è stato spremuto da loro più di quanto si possa giudicare dalle cifre ufficiali.
Consiste esattamente in questo la vera e propria assurdità economica che è stata il fulcro dell'industrializzazione voluta dal centrismo. Com'è potuto accadere? Sfortunatamente non è possibile illustrare con cifre questo paradosso. Comunque, possiamo farci un'idea generale di cosa stia accadendo, dal seguente esempio ipotetico. La cifra finale dei costi di produzione dà un avanzo, vale a dire una differenza fra quei fattori che agiscono per elevare i costi (deterioramento della qualità, perdita per interruzioni, guasti, ecc.) e quelli che li riducono. Immaginiamo, per esempio, che i fattori di perdita produttiva causino l'aumento dei costi di produzione del 6% del valore della produzione totale. Supponiamo inoltre che i costi netti di produzione scendano, pure del 6%. Ciò significa che i fattori produttivi avrebbero tagliato i costi di produzione del 12% - vale a dire, essi prima devono compensare il 6% di perdite e poi, in aggiunta a questo, abbassare i costi del 6%.
Se supponiamo che i fattori diversi dalla forza lavoro, producano assieme un 4,4% di riduzione dei costi di produzione nel primo semestre, allora la stessa forza lavoro sta riducendo i costi non dell'1,6%, ma del 7,6%.
Permettetemi di ripetere che questo esempio è solo ipotetico, ma rende possibile spiegare il vero stato delle cose.
Se questa spiegazione è corretta (e sarebbe impossibile concepirne un'altra, specialmente da quando è sostenuta da fatti) significa che l'intensificazione del lavoro sta producendo un sostanziale risparmio, ma questo risparmio è in larga parte, se non totalmente neutralizzato dalle perdite in altre aree con le quali i lavoratori non hanno nulla a che fare. Questo, di conseguenza, significa che l'intensificazione del lavoro è la sola area in cui il piano viene adempiuto e superato. Il fatto che ciò sia stato assorbito da altri fattori e che i costi di produzione non siano caduti è testimonianza eloquente sia della politica di industrializzazione che della politica centrista verso i lavoratori.
E' caratteristico che ogni qualvolta ci sia un tentativo autentico di analizzare le ragioni fondamentali dell'inadempimento del piano dei costi di produzione, le spiegazioni offerte sono essenzialmente corrette, ma appena entriamo nel regno di «generalizzazioni» e conclusioni pratiche, sono i lavoratori che vengono incolpati ed infamati.
Nell'analisi concreta dell'inadempimento del piano non c'è mai alcun problema nell'incolpare i lavoratori, poiché sono i lavoratori - e solo i lavoratori – che coprono completamente il primitivismo tecnologico estremamente pericoloso, con l'incremento dell'intensità del loro lavoro, e se ciò rende impossibile badare alla qualità, questo non è colpa loro – o la norma o la qualità, è fisicamente impossibile ottenere entrambi.
Comunque, non appena si giunge a trarre le conclusioni, i lavoratori si trasformano in colpevoli. Negli Urali organizzano le mogli dei lavoratori per tenere i loro mariti «in disonore» per il mancato adempimento delle loro norme. Al motivo musicale di Barynya [una canzone popolare] le donne adornano le entrate delle miniere con ramazze e badili da carbone come simbolo del loro disprezzo per i «fannulloni», e addirittura minacciano metodi di coercizione à la «Lisistrata». Come gratitudine per i lavoratori che si spingono all'esaurimento, gli apparatchiki li umiliano nel modo più raffinato. Un articolo sulla situazione generale giunge alla fondamentale conclusione che «in collaborazione con le organizzazioni sindacali, l'industria può effettivamente revisionare le norme di produzione». (Za industrializatsiyu, 24 Aprile). Qui sta la salvezza! E i sindacati echeggiano l'appello: Trud [il trade union daily – D.F.] stampa titoli a tutta pagina pressappoco come «l'aumento delle norme di produzione è una delle fonti più importanti dell'industrializzazione».
E le Cifre di Controllo avevano promesso che «grazie al più intenso approvvigionamento di energia [energovooruzhennort]», all'incremento del capitale fisso, e al più recente miglioramento di qualità della nuova e perfezionata attrezzatura, la crescita della produttività del lavoro nel 1929-30 farà affidamento solo in piccolissimo grado su un incremento dell'intensità del lavoro» (Cifre di Controllo, p. 293)…
Chiunque asserisca che l'intensità del lavoro è il principale punto di pressione, viene etichettato come «Trotskista», eppure, quando si arriva alla politica pratica, l'aumento della norma di produzione diventa una delle più importanti fonti dell'industrializzazione. Non fa parte del nostro oggetto, qui, chiarificare il problema della situazione materiale della classe operaia (ciò richiederebbe un articolo a parte); quanto a questo argomento, considero indispensabile solamente indicare che uno dei metodi di pressione sulla intensità del lavoro è tagliare i salari e ritardarne i pagamenti. Za industrializatsiyu propone il ritardo dei salari in futuro, come una leva di pressione. «Il piano per i salari nominali», scrive il giornale, «sarà adempiuto al 100%, ma il fatto che ancora abbiamo alcune riserve in questo campo, rende possibile legare l'attuazione di questa direttiva all'aumento degli indicatori della produttività del lavoro».
Giudicando dalla situazione complessiva, il centrismo intende procedere, da adesso in poi, su questo sentiero; comunque per adempiere al piano annuale si dovrà ora raddoppiare la pressione: per completare il piano annuale per la riduzione dei costi di produzione il calo nel quarto trimestre dovrà essere più del 20%, invece che dell'11%. Perfino economicamente questa strada è già stata chiusa. Come ho cercato di mostrare, l'intensità del lavoro ha raggiunto il suo limite fisico dato il livello di tecnologia attuale. La dimostrazione migliore di ciò è la qualità della produzione.
Per quanto strano possa sembrare, il declino nella disciplina del lavoro, la crescita dell'assenteismo [progul], e la necessità di aumentare il numero dei lavoratori oltre i livelli pianificati, sono tutte prove della stessa cosa. Le spiegazioni ufficiali capovolgono tutti questi problemi sulla loro testa.
Non è a causa della crescita dell'assenteismo che la disciplina del lavoro decade, e non è a causa del succitato piano di aumento del numero dei lavoratori che il piano di riduzione dei costi di produzione è realizzato parzialmente, ma al contrario, l'assenteismo sta crescendo, la disciplina sta diminuendo, e il numero dei lavoratori deve gonfiarsi perché i lavoratori sono fisicamente inabili a sostenere l'impossibile peso del lavoro.
Quindi, in relazione ai risultati del piano per l'abbassamento dei costi di produzione e le fonti per questa riduzione, arriviamo alle seguenti conclusioni:

1) l'aumento dell'intensità del lavoro ha oltrepassato tutte le ipotesi del piano ed ha raggiunto il suo limite fisico;
2) questo aumento dell'intensità del lavoro è stato il mezzo fondamentale con cui le perdite furono neutralizzate e la produzione aumentata;
3) malgrado l'aumento enorme dell'intensità del lavoro, i costi di produzione non sono calati – le cifre ufficiali dei costi di produzione sono fittizie;
4) per queste ragioni lo squilibrio reale nel piano finanziario è maggiore di quanto appaia nelle cifre ufficiali;
5) per queste stesse ragioni ogni tentativo di attendersi risorse per l'industrializzazione da questo trimestre, è condannato in anticipo al fallimento.
Anche da un punto di vista puramente economico – e questo lasciando da parte le conseguenze politiche dell'intensificazione della pressione sulla classe operaia – i risultati di tale pressione possono essere solo negativi.

Agosto 1930.



1 Emelyan Yaruvslavsky (1878-1943) – Descritto da Trotsky come «lo storico ufficiale della fazione di Stalin» anche ricompensato per la sua mancanza di conoscenza e rigore scientifico dalla «sua completa volontà di riscrivere tutta la storia, inclusa quella dell'antico Egitto, secondo le pretese della frazione burocratica guidata da Stalin». Vedi Scritti di Leone Trotsky 1932, pp. 33, 40, 41
2 Nota dell'editore: l'Opposizione di Sinistra si è sempre riferita al gruppo di Stalin come al «centrismo», posto tra la Destra capeggiata da Bukharin e la Sinistra capeggiata da Trotsky.
3 Nota dell'editore: Ustryalov era un emigrato favorevole al regime dei Soviet, sosteneva che la NEP avrebbe portato alla sconfitta del comunismo e alla sostituzione della rivoluzione con l'evoluzione e la moderazione.
4 Nota dell'editore: L'anno economico 1929-30 fu dal 1 ottobre 1929 al 30 settembre 1930.
5 Nota del traduttore [nell'inglese]: Per una illustrazione di questo punto vedi la dichiarazione di Rakovsky, Kosior, Muralov e Kasparova dell'Aprile 1930 (Bollettino dell'Opposizione, n. 17-18, p. 11-19), dove gli autori citano l'esempio della produzione delle galoscie: «L'estensione a cui i bilanci quantitativi sono inflazionati, può essere giudicato dal seguente fatto ufficialmente citato: la produzione delle galoscie nel 1928 fu del 48% più alta rispetto al 1913 (41,5 milioni di paia contro 28 milioni). Se prendiamo in considerazione il deterioramento qualitativo, il rendimento reale arriva solo al 74% del livello pre-bellico». (Bollettino dell'Opposizione n. 17-18, p. 14).
6 Nota dell'editore: Le annuali Cifre di Controllo dell'Economia Nazionale, preparate dalla Commissione Statale per la Pianificazione (Gosplan), erano l'equivalente del piano economico annuale e furono pubblicate in volume separato; le cifre di controllo del 1929-30 cui si riferisce Rakovsky furono approvate dal Governo Sovietico alla fine del 1929 e pubblicate all'inizio del 1930 come Kontrol'nye trifry narodnogo khozyairtva SSSR na 1929-30 god (1930).
7 Nota dell'editore: Con la settimana lavorativa continua, ogni lavoratore aveva quattro giorni di lavoro e uno di riposo, con diversi gruppi di lavoratori aventi differenti giorni di riposo; fabbrica e macchinario potevano così essere usati ogni giorno della settimana. Il sistema fu, in seguito, abbandonato.
8 I dati diffusi per le imprese individuali e le industrie indicano che le cifre reali sono considerevolmente più alte.
9 Questo metodo può anche essere imposto, per es., da circostanze militari, quando i problemi di riproduzione allargata vengono totalmente relegati in secondo piano.
10 I dati sono presi da diversi numeri di Za industrializatriyn [«Per l'industrializzazione»] – il giornale dell'industria – e Ekonomicheskaya zhizn' [«Vita Economica»] alla fine del semestre [per es. ottobre 1929-marzo 1930]. Ogni cambiamento che da allora potrebbe essere avvenuto sarebbe stato solo peggiore.
11 Valerian V. Kuibyshev (1888-1935) – fatto presidente del Consiglio Superiore dell'Economia Nazionale (1926), uno stalinista consacrato che ciò nonostante morì in circostanze misteriose.
12 In un discorso al Presidium del Consiglio Supremo dell'Economia Nazionale, Kraval dichiarò in apertura: «nel corso degli ultimi due anni la crescita della produzione difettosa (brak) ha superato la riduzione dei costi di produzione» (Ekonomicheskaya zhizn', 22 Maggio [1930]).
13 Giudicando dai dati generali dei primi tre trimestri, è chiaro che nessun cambiamento si verificò nel terzo trimestre.